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Ramy, l'amico che insultava gli agenti da Del Debbio finisce in galera: accuse pesantissime

Massimo Sanvito
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Dalle palate di fango contro le forze dell’ordine al banco degli imputati. Dalle più classiche morali in stile “siamo ragazzi della strada e ti insegniamo a vivere” alle accuse, pesantissime, cui rispondere. Dai riflettori di Mediaset alle sbarre del carcere. Rapine, spaccio di stupefacenti, e lesioni aggravate. Mahmoud Farid Fard, 20enne egiziano dal borsello d’ordinanza maranza e dai capelli raccolti in un folto codino diventato “famoso” per le ospitate a Dritto e Rovescio nella parte dell’accusatore dei Carabinieri a proposito del caso Ramy, è stato arrestato insieme a quattro connazionali (tra i 19 e i 35 anni) dalla Polizia su richiesta della Procura di Monza. Predicava male e razzolava peggio, il giovane Mahmoud.

Al centro dell’inchiesta, che ha ricostruito le modalità sanguinaria della banda per prendersi le piazze dell’hinterland nord di Milano, ci sono due spedizioni punitive. La prima, il 10 dicembre scorso, all’interno di un bar in centro a Sesto San Giovanni (chiuso per due settimane dal questore giusto qualche giorno fa a causa delle cattive frequentazioni): qui, come messo nero su bianco dalla squadra investigativa della Polizia, un rivale (anche lui egiziano) viene inseguito e accoltellato più volte in varie parti del corpo. Resterà sfregiato a vita al volto, dieci centimentri di cicatrice dal labbro all’orecchio sinistro (con tanto di interessamento ai tessuti muscolari).

 

 

Le lame per imporre il predominio sul business della droga. Il secondo raid, poco più di un mese fa (era il 5 gennaio), viene ricostruito dalle indagini della Polizia Locale di Sesto. La vittima è sempre un egiziano e anche le modalità delle violenze sono simili: la fuga, il tentativo di mettersi al riparo dentro un esercizio commerciale, le botte e infine le coltellate. In quel caso, dopo averlo colpito a suon di calci e pugni, la banda di pusher minaccia il gestore del locale: «Non fare nulla». Le lame affondano nelle braccia, nelle gambe e nella testa del nemico da punire.

Mahmoud Farid Fard è presente in entrambi gli episodi. Una pericolosità sociale, sua e dei compagni di scorribande, che ha spinto il gip del Tribunale di Monza, Angela Colella, a optare per la custodia cautelare in carcere per tutti così come chiesto dal pm Emma Gambardella. Non si è sottovaluta la possibilità di reiterazione di reati così cruenti. Ma non è finita qui. I poliziotti sestesi hanno trovato anche due panetti di hashish (circa duecento grammi) e la bellezza di 3.855 euro in contanti, divisi in varie banconote del tutto compatibili con la florida attività di spaccio, a casa del più grande del gruppo. La festa, però, ora è finita. Non avremo più il (dis)piacere di ascoltare le arringhe di Mahmoud in prima serata.

«Quando mi hanno controllato mi hanno preso il portafoglio. Avevo 300 euro in contanti perché sto lavorando in nero visto che non sono in regola coi documenti. Volevano prenderseli e portarmeli via», disse in un italiano stentato ai microfoni di Rete 4 prima che un amico a fianco lui rincarasse la dose spiegando che «io sono abituato a subire abusi, per questo mi viene in mente di filmare la polizia quando interviene: non so se quel poliziotto è mio amico...».

Dichiarazioni cui il conduttore di Dritto e Rovescio, Paolo Del Debbio, si dissociò all’istante. L’inseguimento, legittimo e senza sbavature per la stessa Procura di Milano, da parte dei carabinieri nei confronti di Fares e Ramy lungo otto chilometri per le strade della metropoli ha dato linfa alla retorica dei maranza dall’Acab (All cops are bastard, ovvero tutti i poliziotti sono bastardi) facile. Della serie: delinquere per necessità è giusto e chi indossa una divisa è un nemico perché mette i bastoni tra le ruote a chi vuole calpestare le leggi.

 

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