Milano, perché i maranza di via Gola se ne fregano di Ramy: una scomoda verità
Centinaia di alloggi Aler occupati, una comunità magrebina in continua ascesa e come se non bastasse un centro sociale che cerca di dettare legge. Ci troviamo vicino alla Darsena, centro per eccellenza della movida meneghina. Poco distante via Gola, via Pichi e via Borsi. Strade sconosciute alla maggior parte dei milanesi ma che invece le forze dell’ordine conoscono alla perfezione.
Siamo in quella che alcuni residenti del ticinese chiamano ‘la piccola banlieue dei navigli’, un dedalo di stradine strette da un lato dall’Alzaia del Naviglio Pavese e dall’altra dall’Alzaia del Naviglio Ticinese. Una piccola enclave sempre più ‘araba’ dove palazzoni coperti da murales assistono da ormai troppi anni ai continui episodi di criminalità legati prevalentemente allo spaccio di stupefacenti.
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Ma perché proprio qui a pochi passi dal centro degrado e malaffare sembrano prosperare nonostante l’efficacia delle continue operazioni di polizia e carabinieri? La risposta la si può chiaramente leggere entrando in via Gola dove un grosso murales recita “ogni casa occupata”. Secondo quanto dichiarato nel maggio dell’anno scorso in occasione di un sopralluogo degli assessori, Paolo Franco e Romano La Russa, delle 689 unità abitative dell’Aler presenti nella strada ben 237 risultavano occupate abusivamente. E oggi la situazione è ulteriormente peggiorata nonostante i 20 milioni promessi per riqualificare l’area. A difendere gli occupanti abusivi c’è sempre il centro sociale ‘Cuore in gola’, una realtà appartenente al mondo anarchico che da anni cerca di impedire che le autorità intervengano. Nonostante la loro presenza, però, Prefettura e forze dell’ordine riescono comunque a effettuare una media di uno sgombero a settimana. Impresa non sempre facile se si considera che i militanti di “Cuore in gola” sono molto attivi e spesso ricorrono ad azioni eclatanti.
Già nel 2023 si erano resi protagonisti di una clamorosa protesta tappezzando letteralmente i navigli di scritte contro il sindaco, Beppe Sala, e la Polizia, come gesto di solidarietà per l’anarchico Alfredo Cospito finito in carcere in regime 41bis. Ed è anche grazie ai loro continui tentativi di mantenere lo status quo che via Gola continua a rimanere base di partenza per le scorribande dei così detti “maranza del Ticinese”. È da qui che durante il week-end i giovani nordafricani si infiltrano tra pub e locali alla moda per spacciare droga. Ma non solo. Il loro business sono diventati anche i furti. Che si tratti di un cellulare, di una catenina o di un portafoglio non ha importanza. Ciò che conta è potersi riempire le tasche quanto basta per potersi godere la serata. Per quanto riguarda lo spaccio poi la loro posizione è assolutamente strategica. I navigli non sono l’unica zona della movida milanese vicino a via Gola. A poca distanza ci sono anche le colonne di San Lorenzo e, con qualche fermata di tram, si arriva direttamente ai piedi della Madonnina. Facile, quindi, immaginare quanto sia redditizio per gli spacciatori vendere droga con tutti quei turisti a portata di mano. Tanto che come evidenziato da alcune indagini possono permettersi di vendere le sostanze stupefacenti a prezzi stracciati. Le forze dell’ordine, dal canto loro, mantengono il controllo della situazione e attraverso indagini accurate riescono spesso ad arrestare interi gruppi di spacciatori.
Come nel gennaio di un anno fa quando la polizia ha smantellato un’intera piazza di spaccio nella via. Ben 13 persone di nazionalità marocchina ed egiziana erano finite in manette con l’accusa di spacciare hashish e cocaina. Uno di loro era anche risultato in possesso di una pistola. Ma via Gola in passato non ha destato preoccupazioni solo per reati legati al mondo della microcriminalità.
Quando nel 2018 i carabinieri della compagnia di Rho erano entrati in un appartamento Aler, avevano scoperto che Abdellah Grich, 44enne originario del Marocco fermato con 5 chili di hashish, era lo stesso soggetto arrestato anni prima con l’accusa di falsificare documenti per il ‘Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento’.
Spaccio e furti a parte, la comunità nordafricana di via Gola, almeno una porzione di loro, si sarebbe distaccata dalle proteste legate al caso Ramy, ma solo per necessità legate agli affari. Mentre tutte le periferie si erano mobilitate per la morte del giovane schiantatosi poco più di un mese fa mentre assieme a un complice fuggiva dai carabinieri- gli egiziani e i magrebini del Ticinese sembrano essersi completamente disinteressati della vicenda tanto che alla manifestazione di giovedì sera scorso sulla Darsena non uno solo di loro era presente. Una vera fortuna perché se gli incidenti registrati al Corvetto fossero scoppiati a pochi passi dai navigli le conseguenze sarebbero forse state ancora più gravi.