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Caso Ramy, la rabbia dei militari contro Gabrielli: "Rischia di delegittimare l'Arma"

Giorgia Petani
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È trascorso quasi un mese dall’inseguimento in via Ripamonti dove Ramy Elgaml ha perso la vita cadendo da un T-max, ma da quel 24 novembre le polemiche sull’operato dei militari che hanno fatto l’inseguimento non si sono ancora placate. A puntare il dito contro i carabinieri alla guida della gazzella dell’arma è l’ex capo della Polizia e attuale consulente alla sicurezza del Comune di Milano, Franco Gabrielli che nel corso di un’intervista ha detto: «L’inseguimento non è stato fatto in modo corretto». Parole che non sono però piaciute ai diversi sindacati delle forze dell’ordine, tra cui l’Unione Sindacale Militari Interforze Associati che attraverso una nota ha voluto esprimere «totale disaccordo verso le recenti dichiarazioni di Franco Gabrelli».

«Gabrielli rischia di delegittimare l’Arma». A esprimere il proprio totale disaccordo con le parole pronunciate nei giorni scorsi dall’ex Capo della Polizia, Franco Gabrielli, a seguito dei risvolti giudiziari sul caso di Ramy Elgaml, è l’Unione sindacale militari interforze sssociati. In particolare, a stupire gli uomini dell’Arma è il fatto che a giudicare negativamente l’operato dei militari è proprio colui che meglio di chiunque altro dovrebbe conoscere l’impegno e gli sforzi degli uomini in divisa che, giorno dopo giorno, mettono a rischio la propria vita per la sicurezza di tutti i cittadini. «Sorprende», scrive il segretario Usmia, Carmine Caforio, «che una figura della sua esperienza scelga di puntare il dito contro un intervento operativo complesso, attualmente sotto esame della Magistratura, invece di concentrarsi su questioni di maggiore rilevanza per la sicurezza urbana, come i gravi episodi di violenza verificatisi in Piazza Duomo durante le celebrazioni di Capodanno».

 

 

 

TROPPE POLEMICHE
Parole dure quelle del militare, che arrivano dopo le numerose e insensate polemiche scaturite a causa dell’inseguimento dello scorso 24 novembre in via Ripamonti dove il 19enne di origini egiziane ha perso la vita cadendo dal T-max guidato dal suo amico Fares Bouzidi. Al giovane sono stati revocati gli arresti domiciliari. Inseguimento che, a detta dell’ex Capo della polizia, non è stato fatto in modo corretto. Ma Caforio ricorda che spetta alla magistratura giudicare il lavoro dell’Arma. «Ricordiamo», dice Usmia, «che è compito esclusivo della magistratura valutare eventuali responsabilità.

Dichiarazioni pubbliche che rischiano di delegittimare l'operato dei carabinieri e fomentare le masse sono fuori luogo e inopportune. Carabinieri e poliziotti operano quotidianamente con dedizione, professionalità e coraggio, spesso in condizioni estremamente difficili, per garantire la sicurezza dei cittadini».

Straordinari, turni massacranti, paghe basse e rischi di varia natura. Questi sono solo alcuni dei sacrifici che le forze dell’ordine compiono ogni giorno per proteggere i cittadini. Eppure, c’è chi sembra non accorgersi del loro impegno e sforzo quotidiano. Gabrielli, nel corso di un’intervista rilasciata a Radio 24, ha spiegato inoltre che «esiste un principio fondamentale che è quello della proporzionalità delle azioni che devono essere messe in campo per conseguire un determinato risultato», ma come ricorda il ghisa Daniele Vincini di Sulpl, «servono direttive chiare, perché se non fermassimo chi scappa da un alt potremmo andare incontro a conseguenze legali non da poco», osserva Vincini, che giudica le parole dell’ex Capo della polizia «davvero assurde».

Per il sindacalista, quello di Gabrielli, è stato un commento infelice che «ci lascia basiti, trovo che sia una mancanza di rispetto, soprattutto perché queste frasi sono state pronunciate da chi dovrebbe conoscere il nostro mestiere». Il ghisa fa anche notare come ogni inseguimento sia una sorta di «roulette russa». L’invito di Usmia a Gabrielli è quello di «riflettere sull'impatto delle sue affermazioni, riaffermando al contempo la nostra assoluta fiducia nella Magistratura come unico organo deputato al giudizio». Per l’ex capo della polizia, ora delegato alla Sicurezza e alla Coesione Sociale del Comune di Milano, le modalità dell’inseguimento avvenuto a Milano nella notte tra il 23 e il 24 novembre sarebbero state errate, tanto che Gabrielli ha perfino voluto spiegare ai colleghi come si dovrebbe agire in situazioni simili. «Di fronte a queste affermazioni, mi chiedo: quanti inseguimenti ha condotto personalmente Gabrielli? Quante volte si è messo al volante per garantire che chi non rispetta le regole venga assicurato alla giustizia? La realtà del lavoro su strada è fatta di incognite e situazioni imprevedibili che possono essere comprese solo vivendo in prima persona tali esperienze», si domanda l’Usmia.

 

 

 

DURA VITA
A spiegarci le difficoltà che le forze dell’ordine affrontano ogni giorno nelle strade milanesi c’è anche un poliziotto che preferisce mantenere l’anonimato. «Lavoriamo in condizioni estremamente difficili e precarie. Solamente chi le ha vissute può capire», osserva. Le parole di Gabrielli sono «assolutamente fuori luogo», ma soprattutto «non tengono conto della complessità del nostro lavoro. Riceviamo insulti e offese di ogni genere e i rischi sono sempre altissimi. I turni notturni iniziano poco prima della mezzanotte e terminano alle sette del mattino». In questo lasso di tempo può infatti «succedere qualunque cosa e nessuno di noi ha a disposizione la guida del poliziotto perfetto. Mi chiedo se Gabrielli sia un ex capo della polizia o un politico», ironizza l’uomo. La Federazione sindacale di Polizia spiega che si tratta di circostanze in cui «è d'obbligo il maggior equilibrio da parte di tutti, come anche la maggior responsabile discrezione di chi, avendo ruoli istituzionali, in questa fase del procedimento, con commenti improvvidi rischia di dare la stura a ritorsioni e violenze». Il riferimento è chiaro e l’invito del sindacato è quello di prestare maggiore attenzione e sensibilità.

 

 

 

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