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Corvetto a fuoco e fiamme, gli elettori hanno già scaricato il Pd: ecco i numeri impietosi

Pietro Senaldi
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«Tutto il mondo detesta la polizia. Il dolore per la morte di Ramy si è presto trasformato in rabbia. Chi viene dai quartieri popolari conosce l’arroganza e la violenza degli sbirri». È il comunicato dei centri sociali per giustificare i disordini seguiti alla tragica fine di Ramy Elgaml, diciannove anni, di origini egiziane. Il ragazzo è deceduto per incidente stradale, al termine di un inseguimento di otto chilometri nella notte, che lo ha portato ad attraversare la città da Nord a Sud, in sette minuti. Era del Corvetto, come il suo amico che guidava il T-Max, scooterone di lusso, per scappare dai carabinieri. Ora tutti a dire che è colpa del degrado, perché nel quartiere ci sono ancora 436 alloggi popolari non assegnati e quasi 300 occupati da abusivi. Colpa anche della mancata integrazione, ossia della destra, lamentano accorati editoriali della stampa progressista. E si evoca lo spettro delle banlieue parigine. Ma il Corvetto è sempre stata un’area complicata, fin da quando è nato, negli anni Sessanta, con le case popolari destinate alle famiglie di operai trasferitesi dal Meridione.

Oggi è un quartiere multirazziale e multi-reddito, il che forse è il problema principale. A destra trovi i numeri dispari, con le case Aler o Mm, a sinistra quelli pari, edilizia residenziale. Basta attraversare la strada e vai dagli alloggi fatiscenti occupati ai bilocali ristrutturati di 60 metri che possono costare anche 230mila euro, e li comprano solo gli italiani ricchi, come investimento, perché si affittano a mille euro più spese. Per arrivarci è sufficiente attraversare la strada, ma per i ragazzi immigrati di seconda generazione può non bastare una vita per riuscire a farlo. E le cose non migliorano se prendi la metropolitana: otto fermate, quindici minuti, e sei in Monte Napoleone, canone d’affitto ventimila euro al metro, la via più cara al mondo. In questa tenaglia, non nel degrado, nascono la frustrazione e il crimine dei giovani nordafricani, ora che i sudamericani, i più pericolosi, sono stati cacciati dal quartiere. Gli italiani che abitano gli alloggi popolari al Corvetto sono la maggioranza, circa il 75%, ma sono quasi tutti anziani, non nutrono sogni né aspettative, tirano avanti con il poco che hanno sempre avuto.

 

 

Quanto agli italiani giovani qui non ci vengono. Le aziende pubbliche, che hanno in concessione dall’Aler alcuni alloggi popolari, stanno per restituirli. I dipendenti non vogliono abitare in via dei Cinquecento, hanno paura; alla scuola elementare gli allievi sono quasi tutti di origine extracomunitaria. I compagni di Ramy hanno logiche diverse. Condividono l’alloggio con genitori e fratelli, agognano la ricchezza, sono pompati dai rapper che esaltano la vita criminale e i soldi facili, si vogliono firmati dalla testa ai piedi. C’è chi lavora, come Ramy, e chino, ma non fa molta differenza, perché 900 euro al mese, ma anche 1.200, se vieni da una famiglia di diseredati e non hai istruzione, quindi prospettive di miglioramento professionale, non servono neppure ad affittare un bilocale al di là della strada. Il ragazzo dello scooter che si è schiantato e ha ucciso Ramy aveva mille euro in contanti, una catenina strappata, spray al peperoncino, coltello a serramanico e precedenti per spaccio. Il deceduto pare li avesse per rapina. Dice di non essersi fermato all’alt dei carabinieri perché la sua moto era sotto sequestro. Le forze dell’ordine sospettano ci sia altro. Nessuno rischia la vita- durante l’inseguimento il T-Max ha bruciato tutti i rossi alla massima velocità e ha rischiato di cadere più volte - per così poco.

I centri sociali intonano il “dagli allo sbirro”, la sinistra chiede integrazione, quella più estrema se la prende con il decreto sicurezza che dà più potere agli agenti, peraltro non ancora approvato. I più lucidi sembrano forse gli amici di Ramy. Sabato all’alba erano una trentina in ospedale, per aggredire i carabinieri che ritenevano responsabili della morte del ragazzo. In pochi minuti hanno capito che la responsabilità è stata non fermarsi all’alt dei carabinieri. La rabbia sfogatala sera dopo nel luogo della tragedia si poteva comunque prevedere. Da quel momento in poi però, da quando il padre del ragazzo morto ha condannato ogni forma di violenza, ogni protesta è stata più che altro strumentalizzazione politica della tragedia di Ramy. Il suo decesso è diventato un elemento della rivolta sociale auspicata da Maurizio Landini, prossimo domani allo sciopero generale, in barba alle richieste del garante. Un filo che tiene insieme tutto. Si cerca un caso George Floyd italiano, è il timore delle forze dell’ordine.

La risposta civile alla deriva, più che al degrado, del Corvetto, l’hanno data i milanesi che ci abitano, non i centri sociali che ne sono stati cacciati e ci tornano per i loro blitz sui muri. Qui, quando il quartiere è nato e nei trent’anni successivi, il Partito Comunista la faceva da padrone. Oggi, alle Europee di giugno, Fratelli d’Italia ha preso il 34% (sei punti sopra il dato nazionale) e il Pd 18 (sei punti sotto), la metà che nel centro di Milano. Ancora più significativo è il dato delle Comunali del 2021: il candidato del centrodestra, lo sconosciuto e partito sconfitto Luca Bernardo al 56,8%, e Beppe Sala, il sindaco uscente che si faceva fotografare sulle guglie del Duomo con le frecce tricolori a fargli da corona, fermo al 25,6%. Una rivoluzione rispetto al dato cittadino, che ha visto il primo fermo al 32% e il secondo al 57,7. Non hanno votato gli italiani di seconda generazione, ma i pensionati degli alloggi popolari che non si sentono più a casa loro e i residenti degli immobili privati, che vedono l’immigrazione come un freno al decollo del quartiere. Premesso che non conviene entrarci la sera con un Rolex al polso, il Corvetto non è più pericoloso di altri posti per chi ci vive. Anzi... I ragazzi per delinquere e arrotondare lo stipendio, per chi ce l’ha, prendono il motorino e vanno nelle zone ricche. Con il rischio di farsi fermare dalla polizia.

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