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Sinwar, "morto da eroe": l'ultimo delirio della sinistra

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Alessandro Aspesi
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Doveva essere una manifestazione contro il decreto sicurezza e invece si è trasformata in una celebrazione del terrorista Sinwar con 2.500 fanatici ad acclamarlo come un eroe.

Un sabato pomeriggio di pioggia in piazza Oberdan a Milano. All’incrocio con i bastioni di Porta Venezia si sono raccolte circa 1.000 persone, in gran parte di origine araba. Pochi gli italiani presenti, per lo più militanti di Rifondazione Comunistia e attiviste dell’associazione Casa delle Donne. Pochissimi gli studenti. Verso le 15.30 Mohammad Hannoun, presidente dell’Associazione Palestinesi in Italia, dopo avere chiesto un minuto di silenzio per il «genocidio in atto» e per «le vittime dell’aggressione sionista» comincia ad arringare la folla. Alle sue spalle gli altoparlanti intanto diffondono musica araba.

 

 

 

LA LEGGENDA  

L’uomo, vestito elegante e barba curata, spiega che la vita di Yahya Sinwar, mente dell’attacco del 7 ottobre e leader riconosciuto di Hamas, «è stata ingiustamente stroncata» e che la sua eliminazione «equivale a quella di una qualsiasi donna odi un qualsiasi bambino della terra di Palestina». La gente applaude. Un ragazzo urla qualche frase in arabo e alza verso il cielo un cartello con scritto che il terrorista nato nel 1962 a Khan Yunis «è vissuto come un eroe ed è morto come una leggenda».
Mohammad Hannoun continua poi l’apologia di Sinwar definendolo «martire della resistenza palestinese». «I leader portano avanti le lotte del popolo. Per questo non devono nascondersi ma stare con la propria gente fino alla vittoria».

Un paradosso dal momento che il defunto capo di Hamas è stato neutralizzato solo dopo un anno di caccia all’uomo da parte delle forze di sicurezza israeliane e che durante la sua fuga ha spesso usato come scudi umani numerose famiglie di civili inermi. Mohammad Hannoun intanto continua il suo sermone e attacca direttamente Netanyahu e Biden definendoli rispettivamente «nazista» e «servo del sionismo». Il palestinese poi incita a colpire i nemici della sua terra con una vera e propria istigazione all’odio: «Chi va contro di noi va diffamato e attaccato».

Intanto il corteo si avvia. Polizia e carabinieri vigilano in forze sotto la pioggia battente che tutto proceda per il verso giusto. Anche la Digos è presente e monitora da vicino i manifestanti. La musica araba nel frattempo continua incessante mentre fumogeni verdi e rossi cominciano a colorare la manifestazione. Un ragazzo inizia a parlare dal camion alla testa del corteo dove campeggia uno striscione con scritto «contro la criminalizzazione delle lotte a fianco della resistenza palestinese». Il giovane prende la parola appellando la folla come «compagni e compagne, fratelli e sorelle». «La persecuzione dei palestinesi e la discriminazione che viviamo quotidianamente noi mussulmani in Italia sono entrambe causa del colonialismo che a sua volta è una creazione del sionismo», spiega accusando gli italiani di «razzismo e islamofobia».

 

 

 

Il ragazzo parla poi di «pulizia etnica in atto a Gaza» e la gente plaude rispondendo in coro «Popoli in rivolta fanno la storia. Intifada fino alla vittoria». Il corteo intanto ha raggiunto piazza della Repubblica. Le bandiere palestinesi diventano sempre più numerose e i cori sempre più violenti. I manifestanti urlano «quando i coltelli passano dalla parte del popolo i governi tremano», «Stato sionista Stato terrorista», «ebrei fascisti» e «se nulla cambierà Intifada pure qua». E ogni volta che dal camion pronunciano la parola «Israele» partono lunghi fischi e tutti urlano in coro «vergogna».

Avviciniamo qualche manifestante. Maria ha una cinquantina d’anni e dice di essere qui per solidarietà con Gaza. «Sono cristiana e so bene che fin dal tempo della Bibbia gli ebrei massacrano i palestinesi», spiega.

 

IL LINCIAGGIO

Le fa eco un’altra donna. Mediorientale col volto coperto dal velo islamico racconta di essere giordana e dice «se fossi un ebreo qui in mezzo avrei paura di essere linciato». Alcuni ragazzi accanto annuiscono con un sorriso che non lascia presagire nulla di buono. Il corteo a questo punto arriva in Stazione Centrale e prosegue per via Settembrini fino a viale Monza. I manifestanti sono ormai diventati 2.500 e alcuni di loro cominciano a scrivere sui muri “Occupa e resisti” e “Palestina libera”. Passanti e negozianti scuotono la testa impotenti. Nel frattempo a Napoli durante il corteo contro il G7 della difesa i manifestanti si sono dapprima scontrati con le forze dell’ordine in piazza Carità per poi dirigersi a piazza del Gesù Nuovo dove hanno cominciato a intonare cori contro la polizia. Nel corteo sventolavano bandiere di Potere al Popolo, del Collettivo Autonomo Universitario e del centro sociale “Je so pazzo”.

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