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Beppe Sala, campagna suicida a spese nostre: il piano che ci porterà solo più smog

Lorenzo Mottola
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Giuseppe Sala da qualche anno è diventato un grande sognatore, ora vive di utopie verdi. E immagina città dove l’impatto delle attività umane sull’ambiente sia prossimo allo zero. Tutto bello, peccato solo che nella nostra dura realtà l’unico modo che l’uomo ha per raggiungere davvero questo “impatto zero” sia suicidarsi, al netto dello smaltimento del cadavere. 

In altre parole, il sospetto è che le decisioni del sindaco di Milano (di cui tutti ormai hanno compreso la grande abilità come amministratore osservando la raccapricciante gestione della questione dello stadio di San Siro) siano dettate da purissima ideologia, che però ora rischia di rivelarsi controproducente. Un fatto che si può dimostrare facilmente ripassando le tappe dell’ultimo scontro in atto sulla mobilità del capoluogo lombardo. Per chi non sapesse, il Comune di Milano ha introdotto un piano per costringere progressivamente i suoi cittadini a cambiare auto e motociclette. Un progetto varato nel 2018, che prevede che anno dopo anno le classi di veicoli considerate più inquinanti vengano man mano escluse dalla circolazione in città.

In alcuni casi sono arrivati delle proroghe, perché perfino gli esponenti Dem hanno fatto notare al sindaco che in una città dal costo della vita stellare costringere le famiglie a buttare l’auto può essere eccessivo. Ma per le moto non c’è stato verso. Dall’anno prossimo tutti i veicoli fino alla classe Euro 2 verranno spenti. E parliamo di 73mila mezzi, calcolando solo quelli dei residenti e non di chi viene in città a lavorare. Nel 2028 toccherà anche agli Euro 3. E verranno eliminati altri 60mila motorini e simili. Parliamo del 78% del totale delle due ruote cittadine.

 

I NUMERI
Ora, una vecchia ricerca dell’università belga di Leuven aveva dimostrato che se il 10% degli automobilisti per circolare nelle aree urbane scegliesse un mezzo a due ruote si abbatterebbero gli ingorghi del 40%. Ma anche senza scomodare gli accademici, basterebbe un briciolo di buon senso per capire che tantissime persone che oggi si muovono in Vespa alleggerendo il traffico finiranno per prendere l’auto, aumentando non solo il traffico ma anche le emissioni. Non tutti infatti hanno modo di correre a comprare i nuovi modelli elettrici (per non parlare di quelli a combustione tradizionale, su cui ovviamente pesa il dubbio di veder presto introdotti altri divieti vanificando lo sforzo). E la rete di mezzi pubblici ha le sue lacune. 

Insomma, nel tentativo di rendere la città più verde, è praticamente ovvio che i milanesi se ne ritroveranno una più caotica. La transizione ecologica che applica Sala semplicemente non ha senso. E oltretutto si muove verso il nulla, anche per quanto riguarda le quattro ruote. Il suo piano nel 2018 poteva avere qualche appiglio, visto che all’epoca sembrava ormai segnato il cammino verso la rivoluzione elettrica del settore auto. E i prezzi erano molto diversi.

Quanto successo negli ultimi anni – col blocco totale delle vendite dettato da costi esorbitanti e mancanza delle infrastrutture necessarie per il passaggio ai nuovi veicoli – sembra suggerire un percorso decisamente più lento. Milano, insomma, cammina verso un mondo che non esiste. Allucinazioni verdi.

 

CORDIALI SALUTI
Lo scontro sul tema dei divieti, comunque, si è riacceso ieri. Negli ultimi anni alcune associazioni di cittadini hanno provato a costruire una campagna per convincere la giunta a tornare sui propri passi, in alcuni casi con profitto (le proroghe di cui parlavamo). Per quanto riguardale moto Euro 0,1 e 2, il Comune si era impegnato ad aprire almeno un tavolo per discutere con i comitati. 

Impegno che ieri è stato rimangiato con una letterina. Scrive l’assessore alla Mobilità Arianna Censi: «I calendari dei divieti di circolazione sono noti dal 2018, ritengo che non sussistano le condizioni per concedere ulteriori posticipi per l’entrata in vigore della misura. Cordiali saluti». Lo sapevate, ora attaccatevi al tram (in senso letterale). 

Ed è scoppiato il caso, che ha coinvolto anche il governo. «Chi vive a Milano merita più concretezza e meno ideologia», ha scritto Matteo Salvini su Twitter. Servirebbe uno come il vecchio Beppe Sala, quello che veniva contestato dai verdi per la «colata di cemento» dell’Expo ma che è andato avanti lo stesso. Poi da sindaco è iniziato uno strano processo. Da sinistra lo hanno accusato di «Greenwashing», ovvero di volersi rifare un’immagine cavalcando campagne ambientaliste. Dietro l’ideologia, insomma, potrebbe in effetti esserci della concretezza. Un sogno a spese nostre.

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