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Milano, la banda del bancomat: ecco come rubano la pensione agli anziani

Andrea Fatibene
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Una sofisticata orchestrazione criminale, seppur nella sua semplicità, quella escogitata da un gruppo di dieci sudamericani, due donne e otto uomini, con base a Milano. Delle più vigliacche, delle più meschine, proprio perché ricamata ad hoc sulle spalle dei più deboli.

Dopo aver individuato la vittima appena fuori dallo sportello bancomat, la compagnia truffaldina metteva in atto un piano ben collaudato di gesti abili e discreti. Due banconote vengono gettate furtivamente per terra, appena dietro la vittima che, inconsapevole, sta premendo i tasti sullo schermo con l’intenzione di prelevare. A questo punto tutti rimangono sospesi, nell’attesa del momento preciso: quello in cui l’anziano premerà l’ultima conferma che farà uscire i soldi dallo sportello.

 

 

 

Peccato che, quei contanti, l’anziano non li vedrà mai. Da dietro, una gentile pacca sulla spalla: “Mi scusi, signore, le devono essere cadute delle banconote”, il diversivo.

Neanche il tempo di piegarsi per raccogliere i soldi per terra che la piccola saracinesca dei prelievi si è già richiusa. Impossibile per le vittime reagire a quanto successo. Alcuni pensano sia stato un problema del bancomat, altri invece hanno capito il raggiro. Ma nella sala il ladro non c’è più e loro si ritrovano senza alcuna possibilità di inseguire il fuggitivo, con 15 euro in mano e una pensione in meno sul conto.

 

 

 

Le vittime, tutte necessariamente anziane, venivano sottoposte a un processo di selezione meticoloso. Secondo le indagini dei Carabinieri della compagni di Rho, in questi giorni concluse con l’arresto dell’ultimo truffatore, il palo poteva rimanere sul marciapiede a selezionare la vittima giusta anche per molte ore di seguito, prima di mettere in moto i suoi complici. Anche la banca doveva essere scelta con attenzione, in quanto, per la riuscita del piano, era necessaria la presenza di tre sportelli adiacenti nella stessa stanza. Due persone entravano nella sala appena prima della vittima, occupavano i bancomat esterni e aspettavano che l’anziano si voltasse, piegandosi lentamente nell’azione di raccogliere i soldi “caduti”, per derubarlo dei contanti appena prelevati e mai nemmeno visti. Quando i ladri si accorgevano che la vittima non aveva realizzato il furto si concedevano addirittura il lusso – la vigliaccheria – di recuperare i 15 euro usati come esca, con una persona ulteriore che sarebbe tornata sul luogo dello scippo e avrebbe finto di aver appena perso delle banconote. I poveri anziani, da benpensanti, gliele ridavano.

Il gruppo di sudamericani, irregolari sul suolo italiano e con precedenti per reati contro il patrimonio, non sceglieva mai lo stesso luogo due volte e si spostava su Milano, Monza, Lecco. Persino in Piemonte sono stati segnalati un paio di casi. Spesso, ma non sempre, riuscivano a trovare dei bancomat non video-sorvegliati per correre meno rischi. Per spostarsi fuori Milano fornivano documenti falsi per il noleggio di un mezzo, poi lo abbandonavano.

Gli episodi accertati dalle indagini delle forze dell’ordine, iniziate a febbraio a partire dalle prime denunce, ammontano a 27, molte delle quali precedenti all’inizio delle indagini e ricostruiti a posteriori. Il punto di svolta arriva l’8 maggio, quando tre di loro vengono colti in flagranza in via Lorenteggio. Li hanno fermati mentre scappavano con i 500 euro in mano e, quando i Carabinieri sono tornati pochi minuti dopo nel bancomat per restituire i soldi, la vittima si stava lamentando del fatto che il bancomat non avesse funzionato. Chissà se, senza l’intervento dei Carabinieri, avrebbe mai fatto denuncia. Magari non avrebbe mai realizzato nemmeno quanto accaduto. O magari avrebbe preferito raccontare a se stesso la bugia del bancomat non funzionante, piuttosto che ammettere quanto questo mondo possa essere triste.

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