Beppe Sala, gite e laboratori per imparare la cultura rom: il prezzo? 2,5 milioni
È un flusso di soldi senza fine. Fondi europei che attraverso i Paesi membri giungono fino ai Comuni e si trasformano in progetti per l’integrazione e l’inclusione di bambini e adolescenti rom, sinti e caminanti. E la progressista Milano, nemmeno a dirlo, è sempre in prima linea quando si tratta di investire denaro per la causa nomade. Nonostante gli sprechi e i fallimenti in serie messi in fila negli anni: dai centri di emergenza sociale ai centri di accoglienza temporanea, passando per i centri di autonomia abitativa e per la gestione “a perdere” dei campi rom tra affitti e bollette non pagate.
Per il prossimo triennio (2024-2026), la giunta- tramite la Direzione Welfare e Salute e la Direzione Educazione - si è fatta avanti col Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (nello specifico con la Direzione Generale per la Lotta alla Povertà e la programmazione sociale nell’ambito del Programma Nazionale Inclusione e Lotta alla povertà per il 2021-2027, legato al Fondo Sociale Europeo Plus “Child Guarantee”) per chiedere il massimo finanziamento disponibile: 2,5 milioni di euro (su un totale di 40 milioni per tutta Italia) da destinare all’integrazione di oltre 151 rom trai tre e i 18 anni iscritti alle scuole milanesi, oltre che alle loro famiglie. Senza dimenticare i più piccoli (0-3 anni), «attraverso attività di sensibilizzazione rivolte ai servizi nido e ai genitori». Un ruolo attivo lo avranno inoltre i servizi sociali, le scuole, gli operatori pubblici e privati e del terzo settore che collaborano alla presa in carico e all’accompagnamento sociale.
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PROGETTI
Ma in cosa consiste il nuovo progetto del Comune di Milano? L’obiettivo dichiarato è quello di mettere in pratica «interventi finalizzati alla frequenza scolastica, al successo e al benessere dei bimbi rom e sinti, nel sistema più complessivo di interventi e servizi volti a favorire l’inclusione sociale della minoranza etnica nel sistema di welfare milanese». Dunque, la ricetta di Pd e compagni prevede innanzitutto laboratori ad hoc per tutte le “classi progetto”, ovvero quelle con presenza di alunni nomadi, perché «una scuola inclusiva è una scuola accogliente e migliore per tutti», nonché attività extra scolastiche «socializzanti, ricreative, di supporto per i compiti e sociali», come gite, uscite didattiche e «interventi educativi e di costruzione di reti di supporto sui contesti di vita e sulle famiglie rom e sinti».
Oltre alla scuola, altre due aree di intervento riguarderanno: la rete locale, ovvero percorsi di formazione, seminari, momenti di supervisione condivisa, iniziative di sensibilizzazione degli operatori, facilitazioni delle relazioni tra nuclei di famiglie nomadi e resto della cittadinanza con l’obiettivo «di dare forma stabile a meccanismi di gestione degli interventi sociali e socioeducativi»; il lavoro nei contesti abitativi, «finalizzato a integrare gli obiettivi di sostegno scolastico con quelli volti alla promozione del benessere complessivo del bambino e della sua famiglia, favorendone l’accesso ai servizi locali socio-sanitari e promuovendone un percorso verso l’autonomia e l’empowerment».
Per gestire queste pratiche, il Comune non assumerà nuovo personale ma metterà a disposizione i dipendenti della Direzione Welfare e Salute e della Direzione Educazione. Che dovranno quindi distogliere energie da settori così delicati, le politiche sociali su tutti, per metterle a servizio delle famiglie rom. Non che ciò stupisca, essendo quella di Milano la giunta più rom friendly d’Italia - non a caso la prima delibera del Sala bis riguardò la bellezza di tre milioni di euro per la coprogettazione e la realizzazione di percorsi di accoglienza e inclusione nella legalità, oltre che per la lotta all’antiziganismo -, però a tutto dovrebbe esserci un limite. Invece no... E dire che quando si parla di nomadi il fallimento è sempre dietro l’angolo.
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FALLIMENTI
Giusto per fare qualche esempio: il Centro di autonomia abitativa di via Sacile fu chiuso dopo aver gettato al vento due milioni di euro per chiudere meno della metà dei percorsi di inclusione avviati; per il Centro di autonomia abitativa di via Novara fu speso più di un milione di euro in tre anni (2018-2020) per trovare casa solo a 95 persone su 341; nelle omologhe strutture di via Marotta e via Brambilla dal 2016 al 2021 solo 47 persone hanno trovato casa (il 30 per cento) e appena 32 hanno trovato lavoro (21 per cento). Per non parlare del buco nero di Chiesa Rossa dove nemmeno una famiglia per sbaglio è in regola coi pagamenti al Comune. E quindi perché non investire altri due milioni e mezzo di euro per laboratori e gite inclusive per i baby rom?