Biciclette e piste ciclabili? Strade trasformate in circuiti senza regole
La bicicletta oggi a Milano è senza dubbiot il mezzo di locomozione più pericoloso che ci sia. Per chi pedala e anche per tutti gli altri. È il risultato di una politica ossessivamente seguita dalla giunta comunale cittadina che, pur di facilitare l’uso delle due ruote, ha creato di fatto una situazione da far west, elevando chi pedala al di sopra del codice della strada. Abbiamo così ragazzini, arzilli pensionati, svagate madri di famiglia e immigrati che sfrecciano più veloci di Speedy Gonzales grazie alle loro bici elettriche e ormai ritengono che le strade siano di loro esclusiva proprietà, considerando un abusivo chiunque altro le impegni. Sbucano contromano all’improvviso, viaggiano nella notte oltre i 50 chilometri orari senza fanalini accesi, sorpassano a sinistra, sbandano paurosamente tenendo il manubrio con una mano sola perché con l’altra stanno telefonando. Il tutto senza la minima contezza dei pericoli che corrono e che fanno correre agli altri, che quando li investiranno a causa della loro garrula sbadataggine, verranno processati e giudicati senza pietà, magari perché viaggiavano a 52 all’ora.
Adesso l’ex assessore per la Mobilità di Milano rischia il processo per una donna investita in città da una betoniera mentre viaggiava su una pista ciclabile tirata giù in quattro e quattr’otto senza cordoli di sicurezza e così lasciata. Ai giudici l’ardua sentenza. I milanesi però sono testimoni della furia talebana con cui la loro giunta sta cercando di trasformare la capitale economica del Paese in un gigantesco velodromo dove la pista si confonde con gli spalti e dove chiunque è libero di correre senza sottoporsi a controlli, rischiare multe, dover rispettare regole. È la cifra della sinistra e del suo modo di imporre svolte ideologiche alla società. Si costruisce una realtà parallela, la si spaccia come la migliore possibile, si ignorano o si violano le regole che ostacolano la sua affermazione e poi si rende il più difficile possibile la vita a chi non ci sta oppure, più modestamente, vuol continuare a vivere come ha sempre fatto.
Certo, c’è qualche prezzo da pagare al progresso. Qualche caduto sulle piste ciclabili killer, magari. Ma evidentemente il fine giustifica i mezzi. Perché dobbiamo andare in macchina se possiamo comodamente pedalare sul pavè, slalomando tra le rotaie del tram in un inverno milanese sotto la pioggia e grigio? E per chi non vuol faticare, ci sono sempre le bici elettriche: vanno più veloci di un motorino, non devi avere il casco né la patente e non occorre revisionarle, visto che si può girare senza luci anche se è notte. E poi puoi commettere qualsiasi infrazione che nessun vigile punirà mai; sei in una botte di ferro, manco fossi un clandestino che vende abusivamente sulla strada occupando il suolo pubblico senza pagare.