Shiva, il rapper arrestato? Il precedente a luglio: Milano sotto-choc
“Fare brutto”. Intanto fissiamo in cima questa locuzione tipica del rap milanese e poi vediamo che significa e come si è evoluta. Nel frattempo partiamo dai fatti: Andrea Arrigoni, 24 anni, è stato arrestato per duplice tentato omicidio aggravato e detenzione e porto di armi da sparo. Un nome e un cognome che significano poco. Finché non li abbiniamo a Shiva, il nome d’arte di uno dei trapper italiani più influenti della sua generazione, la seconda da quando è esploso il fenomeno hip hop in Italia (una quindicina d’anni circa).
Shiva è una divinità induista. E qui uno potrebbe stupirsi per la scelta ricercata del nickname. Se non fosse che le generazioni più giovani sono venute a contatto con questo mito non perché attratte dal lato spirituale, ma dalla leggenda del dio scopritore e consumatore di canapa indiana. Non per niente una qualità di erba si chiama proprio così: Shiva. Per il resto, Arrigoni è tutto fuorché banale. Cinque milioni di ascolti mensili su Spotify. Un singolo - Syrup - che era in top ten fino a qualche giorno fa. Dischi di platino, concerti sold out e via dicendo. Insomma Shiva, nella complessa scena milanese della trap, è un nome e non da oggi.
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LA STRADA
E qui torniamo al concetto di “fare brutto”. Per i rapper della prima generazione (Fabri Fibra, Marracash, Club Dogo) era un tema figurativo. Nel senso: nei testi delle canzoni raccontavano fatti di strada, ma con l’attitudine del reporter. Senza cioè la necessità di doversi immischiare in sparatorie, spaccio e cose così. La seconda generazione (quella di Sfera Ebbasta), tolti alcuni casi, si è attenuta al cliché della prima. La terza generazione, fatta perlopiù di figli di immigrati, è spesso scivolata dalle parole ai fatti. Facendo propria quell’attitudine “gangsta”, tipica dei trapper americani di Atlanta (ma non solo), per cui la cifra criminale viene prima della musica. E infatti la musica ne risente: è una cagata.
Non è il caso di Shiva. Certo, non è Jack London. E anche i suoi testi spesso sono una trama ripetitiva di soldi facili, droga consumata e “spinta” (spacciata), ma con un minimo di sentimento. E infatti piace molto alle ragazze. Ora, non tutti i trapper si amano. Alcuni collaborano, alcuni si odiano. Questo odio viene incanalato in “dissing” (offese/umiliazioni/perculamenti) nei pezzi o nelle storie sui social. Alcuni dissing si risolvono pacificamente. Altri no. Ed arriviamo alla cronaca. Shiva non aveva buoni rapporti con i trapper di San Siro, la “Seven Zoo”. È l’11 luglio.
Settimo Milanese. Arrigoni sta rientrando nel suo studio discografico, la “Milano Ovest”. Non è solo. Lo segue una macchina scura, dalla quale escono alcuni ragazzi vestiti di nero. La scena è ripresa da una telecamera di sorveglianza. Fuggi fuggi generale. Poi Shiva apre il borsello. Dentro ha una 9x21 detenuta illegalmente. Spara cinque colpi di pistola ad alzo zero. Vuole ammazzare, secondo l’ordinanza di custodia cautelare. Becca due sagome alle gambe, gli altri colpi vanno a vuoto. Poi il silenzio. Nessuno denuncia.
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«C’è una sorta di omertà anche tra fazioni rivali», scrive il gip di Milano Stefania Donadeo. «Non passare qua sotto ci siamo scannati eh!... Siamo scesi e ci siamo scannati con la gente che c’era, uno che voleva farci brutto». Sono le intercettazioni captate la sera dell’agguato. Il concetto di “fare brutto” che torna e fa il salto di qualità. Prima era menarsi, ora è sparare. Undici giorni dopo Arrigoni medita un secondo raid. Parla con un amico detto lo “Zio”. Gli dice di sapere che “Taurus” (soprannome di uno degli aggrediti) è stato visto alla discoteca Old Fashion di Milano. È «solo», gli dice, e per questo motivo è un «ottimo boccone». L’amico lo implora di «non fare nulla» e «stare calmo» per «il bene di tutti noi». Risposta: «Lo sai cosa mi ha fatto, bro. Quella non me la posso dimenticare come cosa. È pure da solo! Sta merda!».
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TRENTA GIORNI
Passa un mese. È la sera del 21 agosto, vicino Gallipoli in Puglia, quando Shiva si confronta con N.A. prima del concerto alla discoteca Praja sull’eventualità di «portare con sé uno zaino contenente qualcosa di estremamente importante/illecito», annota la gip Donadeo disponendo la custodia cautelare in carcere del 24enne. «Qualsiasi cosa succede li spacchiamo tutti di botte hai capito», si dicono. Il 30 agosto durante una trasferta a San Benedetto del Tronto nelle Marche per un concerto alla discoteca Akua, con i membri della Santana Gang, commettono un nuovo atto violento, una sorta di rissa («Ci siamo scannati») che li obbliga a lasciare la città di corsa: «Raga, valigie... andiamo via subito...».