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Pride senza vergogna, il carro con i bambini per fare la guerra alla Meloni

Massimo Sanvito
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Il trenino verde e rosso, preceduto da un’ape che pompa musica dalle casse, è il primo a scaldare i motori sotto il sole che picchia su Milano. Tocca a lui aprire la grande sfilata del Pride meneghino, dalla stazione Centrale (ieri completamente ripulita dagli habituè del bivacco) fino all’Arco della Pace.
È carico di bambini, coi palloncini in mano, che indossano magliette fucsia con scritto «Famiglie arcobaleno» davanti e «è l’amore che crea una famiglia» dietro.

 

 

 


Hanno le guance pitturate coi colori della bandiera Lgbt: sono i figli delle coppie omogenitoriali a guidare la parata che si fa subito politica. I minori in prima linea, usati come clave per provare a scardinare le ultime impugnazioni, da parte delle procure (Padova e Milano), degli atti di nascita di bimbi nati all’estero con fecondazione eterologa o maternità surrogata. La madre o il padre non biologico, dicono i giudici, non possono essere considerati tali. Ed ecco la mossa a effetto.

 

 

 


Ci sono due striscioni sul tetto del trenino: «Orfani di Stato» e «L’amore non si cancella in tribunale». Sulla fiancata del piccolo convoglio un scritta che assomiglia a un grido: «Non ci fermeremo». Dopo l’arringa di un genitore gay - «combatteremo contro l’omofobia di Stato»-, il mezzo parte tra gli applausi scroscianti della folla e le urla - «bravi, bravi» - che lo accompagnano verso viale della Liberazione e i grattacieli di Porta Nuova. A bordo, oltre ai bimbi, ecco mamme e papà. Soprattutto le prime, donne sui 40/50 anni, che promettono battaglia contro il governo perché «non basta una sanatoria come dice il ministro Roccella, serve una legge». Ci sono coppie omosessuali dell’hinterland milanese, del Veneto e pure di Roma.
Daniela, una “mamma 2” di Vicenza, stoppata dalla procura di Padova insieme ad altre 33, parla di Caterina, che considera già sua figlia e non si sogna nemmeno di passare dalla trafila delle adozioni come prevede la legge: «È un momento gravissimo a cui dobbiamo rispondere, resistere e lottare perché si sono impugnati dei documenti in maniera retroattiva.
Togliere dei diritti ai minori è una cosa insensata. Togliere uno dei due genitori, togliere tutele è un gesto violento, è anticostituzionale». Mirko, romano, ha due gemelli di otto anni, Matteo ed Emanuele. Insieme al suo compagno, sposato negli Stati Uniti, ha affittato l’utero di una donna sempre negli States, pratica vietatissima nel nostro Paese in procinto di essere dichiarata reato universale, e ora lamenta la mancata trascrizione dell’atto di nascita in Italia: «Questo governo sta facendo transitare con violenza la sua campagna ideologica sul tema della gestazione per altri perché è la cosa più distante dalla nostra cultura ed è un tema più complesso, quindi ci attacca per questo. Ma noi siamo andati in Usa e non abbiamo commesso alcun reato in Italia».
Ovviamente, edera scontato, le bordate contro il governo di centrodestra democraticamente eletto dalla stragrande maggioranza degli italiani tracimano in volgarità e insulti. In piazza c’è anche Luigi, che stringe tra le mani un cartello illustrato che richiama la Sacra Famiglia. «La procura impugna il certificato di nascita: San Giuseppe espulso dal presepe», si legge. E lui insiste: «Una certa parte della destra usa i valori cristiani per portare avanti idee discriminatorie. Se si applicassero le loro leggi, San Giuseppe sarebbe fuori dal presepe dato che non era il padre biologico». Dopo il delirio c’è spazio anche per l’istigazione a calpestare le leggi. Direttamente dal palco allestito all’Arco della Pace i leader delle Famiglie Arcobaleno hanno preso il microfono per spingere il sindaco Beppe Sala all’abuso d’ufficio: «Chiediamo al Comune di Milano di agire con urgenza per i suoi cittadini, che siamo anche noi, che siamo tutti noi, e che torni a trascrivere il nostro amore in atti amministrativi». Anarchia?

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