Letizia Moratti? Ecco perché manda in tilt la sinistra (e non la destra)
Il caso Moratti, uscita dalla giunta lombarda e pronta a candidarsi per le elezioni regionali, rischia di diventare una mina che esplode, ma nel campo del centrosinistra. Un paradosso che, però, ben descrive lo smottamento provocato, nel Pd, dalle dimissioni dell'ex assessore di centrodestra. Sul nome di quella che fu ministra del governo Berlusconi, infatti, si sta riproponendo il grande dilemma che attraversa i dem. E che sarà centrale nel congresso. Allearsi con il M5S o con il Terzo Polo? Privilegiare il dialogo con i Cinquestelle o con Carlo Calenda. O con Matteo Renzi? Sì perché, sul punto, Calenda e Renzi hanno idee non proprio identiche.
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L'ex ministro dello Sviluppo economico è più propenso a convergere su Carlo Cottarelli (che è la scelta del Nazareno), il secondo, il leader di Italia Viva, è per fare l'ennesimo gioco tattico, candidando Moratti per mettere zizzania a destra. A fine giornata nel Pd l'ipotesi di candidare l'ex assessore del centrodestra sembrava decisamente in calo. Mentre aumentavano le chance di Cottarelli, che ha lasciato intendere una sua disponibilità: «Non è venuto ancora nessuno con una proposta definita», ha osservato. Tuttavia, a dimostrazione che fa sul serio, ha posto alcune condizioni: «Un'alleanza sufficientemente ampia» a suo favore «e un accordo sulle cose da fare». Calenda ci starebbe. Ma la notizia è un'altra: «Carlo ha ricominciato a sentirsi con Enrico», dicono al Nazareno. Il leader di Azione, però, ha posto a Letta una condizione: l'accordo o si fa in tutte le regioni al voto (Lazio e Lombardia) o non si fa.
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LE CONDIZIONI
La giornata era cominciata con il leader di Italia Viva che, su La7, non esludeva la possibilità di candidare l'ex vicepresidente del Pirellone: «Se fossi segretario del Pd chiamerei di corsa la Moratti e le direi andiamo insieme, se il Pd avesse voglia di vincere le elezioni, ma il Pd di Letta voglia di vincere...». Parole poco dopo corrette da Matteo Richetti, di Azione: Moratti? «Non è la nostra candidata», «decideremo insieme come federazione nelle prossime settimane». Intanto nel Pd cominciavano ad affiorare posizioni diverse. «È ovvio», diceva Dario Nardella, «che l'imminente sfida della Lombardia impone al Pd la ricerca di una alleanza vasta e vincente perché dopo tanti anni di governo di destra credo che sia venuto il momento che la Lombardia possa avere un governo democratico». Parole diverse da quelle ben più assertive, pronunciate da Simona Malpezzi, capogruppo dem al Senato: «Letizia Moratti è una donna di centrodestra e noi lavoriamo per un candidato che sia espressione di chi ha contrastato quel modello politico». E ripetute dal segretario lombardo del Pd, Vinicio Peluffo: «Letizia Moratti è un profilo del centrodestra, il suo campo di appartenenza è quello. Per noi il sostegno alla candidatura di Moratti non è opzione».
L'OPZIONE SALA
Una chiusura che con il passare delle ore trovava il sostegno anche di Base Riformista, pronta a chiudere su Cottarelli, cogliendo le aperture di Calenda: «La disponibilità di Carlo Cottarelli rappresenta un passo in avanti importante. È su figure come la sua che si può costruire l'alternativa alla destra in Lombardia unendo civici, Pd e i moderati di Calenda», spiegava Alessandro Alfieri. A meno che non si faccia avanti Beppe Sala, che pare sia seriamente tentato. In tutto questo, il leader di Azione, per chiudere l'accordo con il Pd (su Cottarelli o Sala), ha posto una condizione: «O si fa in tutte le Regioni o non si fa». Non esiste, insomma, che il Pd si allea in Lombardia con il Terzo Polo e nel Lazio con il M5S.
QUESTIONE LAZIO Nel Lazio, infatti, il Pd. Come lo è il M5S. Una parte dei dem spinge per un accordo con i Cinquestelle. E il nome in pole position è quello di Daniele Leodori, vice di Nicola Zingaretti, su cui sarebbe pronta a chiudere la cinquestelle Roberta Lombardi. Giuseppe Conte, invece, punta a una corsa solitaria, con un candidato che tolga voti al Pd, così da proseguire nel disegno di prosciugare i dem. I nomi che girano sono quelli di Ignazio Marino, Stefano Fassina, insomma qualcuno che spacchi il Pd. Poi c'è il Terzo Polo. Calenda, e ieri lo ha ripetuto, è pronto a sostenere Alessio D'Amato, diventato popolare per l'ottima gestione della pandemia. L'assessore regionale alla Sanità del Pd, però, è appoggiato da Roberto Gualtieri, da Claudio Mancini, ma non dal M5S (e quindi nemmeno di chi, nel Pd, punta all'intesa con loro). E si torna al punto di partenza: chi sceglierà, il Pd? Il M5S o il Terzo Polo?