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Vittorio Feltri contro Beppe Sala: "Certificazione antifascista? Non firmo quella buffonata"

Feltri e Sala

Vittorio Feltri
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Giuseppe Sala, rieletto sindaco di Milano, al primo turno, deve essere uno di quelli a cui il successo dà alla testa. Infatti si accinge a chiedere ai componenti del Consiglio comunale di sottoscrivere una dichiarazione di adesione ai valori costituzionali. Inoltre pretende che ogni collaboratore firmi un documento in cui affermi di essere antifascista. Una stupidaggine simile non si era mai registrata in alcun municipio patrio. Evidentemente Sala dimentica che coloro incaricati di amministrare la città sono stati votati dagli elettori e soltanto ad essi devono rispondere. Io per esempio nella lista di Fratelli d'Italia ho ricevuto oltre 2000 voti,  chi mi ha scelto ovviamente si fida di me altrimenti avrebbe preferito qualcuno più affidabile.

 

 

Ora stando al sindaco, non pago dei suffragi ottenuti in quantità non irrisoria, dovrei proclamare ufficialmente, in aula, di non essere un tifoso di Mussolini, morto ammazzato dai partigiani che lo rincorrevano, e di giurare fedeltà alla Carta. Ma siamo impazziti? Tutta la mia lunga vita testimonia rigoroso rispetto della legge suprema della repubblica democratica, e secondo il primo cittadino, dovrei dire a lui ufficialmente di essere una persona perbene, per giunta priva di simpatie per l'infausto Ventennio dominato dal Duce. Se lo scordi, il signorino Sala. Io non firmerò mai una simile buffonata che mette in dubbio 78 anni della mia esistenza disciplinata, impeccabile. Se non è sufficiente la mia reputazione per contribuire a far crescere Milano, ci metto due minuti a mandare al diavolo un sindaco che combatte le dittature inesistenti con metodi da despota.

 

 

Ma chi crede di essere, Hitler? Quando sarò seduto in Consiglio comunale e lui mi chiederà di siglare il fetente documento provvederò a dirgli in faccia le parole che fin qui ho vergato. Lo farò con buona educazione, secondo gli insegnamenti di mia madre, ma lo farò con determinazione sperando di essere imitato dai miei colleghi, compresa Chiara Valcepina, oggetto di discriminazioni in quanto palesemente di destra. Si dà però il caso che anch'ella è stata votata e non entra nell'istituzione menando il manganello, ma avendo ricevuto il consenso popolare. A questo punto sarò io a esigere da Sala di non ribellarsi alle norme: la signora ha il diritto di far parte del Consiglio comunale. Come lui ha il diritto di guidare Milano, ma senza spocchia fascista. 

 

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