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Lamberto Bertolé, quelle sedute in remoto anche quando i contagi tendevano allo zero

Paolo Rossetti
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Lamberto Bertolé, 47 anni, è l'uomo che per un anno ha tenuto in ostaggio il Consiglio comunale di Milano. Lui, presidente in quota Pd, ha messo in quarantena consiglieri e assessori anche quando i contagi tendevano allo zero, mentre l'opposizione compatta arrivava persino a legarsi simbolicamente alla sedia fuori da Palazzo Marino. Volevano semplicemente esercitare la propria funzione istituzionale anziché relegarsi curvi dietro un monitor con la connessione ballerina. Ma il pres è stato irremovibile: forse c'erano più rischi in aula che alla manifestazione di piazza, all'Arco della Pace, pro ddl Zan? Il suo nome ha cominciato a circolare sulla stampa, oltre che per qualche inaugurazione di giardini in vece del sindaco, non per meriti particolari ma per la stizza opposta aquella che era una battuta di Vittorio Feltri («I consiglieri di grattano le p....»), direttore di Libero, fresco capolista di Fratelli d'Italia alle prossimissime elezioni comunali della Madonnina previste per ottobre. Si è accesa la polemica, con la sinistra in soccorso di Bertolé gridando allo scandalo col solito ditino puntato come a dire "noi siamo i buoni, voi i cattivi" e il direttore ancora tranchant con la sagacia che da sempre lo contraddistingue. «Non è vero che il presidente del consiglio comunale di Milano sia inutile, anzi, Bertolè se si tratta di dire e fare stupidaggini è attivissimo», ha scritto su Twitter.

 

 

 

Apriti cielo. La segretaria del Pd metropolitano ha addirittura parlato di «attacco spregevole alle istituzioni», dipingendo il presidente del Consiglio comunale milanese come uomo «fedele ai valori democratici». Non lo mettiamo in dubbio, ma in democrazia è forse vietato esprimere le proprie opinioni? La carriera politica di Bertolé, insegnante di scuola superiore dal 2005, parte nel '99 in Consiglio di Zona 1 e prosegue nello stesso parlamentino del centro di Milano, e roccaforte della sinistra chic, fino al 2011. Poi, con Pisapia, il salto di qualità in Comune fino alla poltrona più alta di presidente nell'amministrazione più longeva (oltre cinque anni causa pandemia). Tra il 2011 e il 2013 ricopre la carica di presidente della commissione Casa, Demanio e Lavori Pubblici ed è presidente della Sottocommissione Carceri. Dal marzo 2013 al maggio 2016 ha l'incarico di presidente del gruppo consiliare del Partito Democratico. Laureato in filosofia e amante di politiche sociali ed educative, temi cari alla sinistra solo sulla carta, non poteva certo mancare l'esperienza come ricercatore sociale attivo nel campo dell'immigrazione. Un tema, però, quello del sociale, che da politico non ha mai potuto esercitare in prima linea. Non sappiamo se ci ambisse o meno ma forse avrebbe fatto meno danni dell'ultras pro immigrazione incontrollata, Pierfrancesco Majorino, prima che prendesse il volo per Bruxelles ingolosito dal Parlamento Europeo e togliesse qualche grana al sindaco Sala.

 

 

 

Lamberto Bertolé è rimasto sullo scranno più importante dell'aula consigliare e all'inizio del mandato Sala ha dovuto pure sorbirsi la patata bollente dei ticket omaggio per San Siro, col fuoco incrociato dei consiglieri che volevano andare allo stadio gratis, senza troppi giri di parole, e l'assessore alla Partecipazione che cercava di bloccare l'assegnazione a pioggia dei tagliandi. Ma in fin dei conti, a lui, juventino, poco importavano le beghe calcistiche milanesi. Così come, di fatto, poco gli è importato dei lavori consigliari, svuotando l'aula e togliendo la parola con un clic agli esponenti dell'opposizione più battaglieri dei colleghi della maggioranza. Il presidente in perenne zona rossa: l'ha amata forse più di Speranza e questo è l'unico suo record...

 

 

 

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