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Sondaggio, Luca Bernardo fa tremare Beppe Sala e il Pd: prime cifre sul candidato a Milano, centrodestra avanti

Lorenzo Mottola
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Prima nota: la sfida per Milano ovviamente non è solo una questione da cronache locali. Se perde in Lombardia, il Pd si trasformerà in un piccolo Vietnam e l'eco dei brutali scontri si sentirà anche a Palazzo Chigi. Non a caso Enrico Letta ieri metteva le mani avanti dicendo che non bisogna enfatizzare l'esito delle amministrative perché «si vota per i Comuni, non su una vicenda nazionale né su altro». Seconda nota: c'è un dato che preoccupa i dem. Nei mesi precedenti alle comunali 2016 la percentuale di cittadini schierati con Giuseppe Sala ha continuato a diminuire man mano che i candidati proseguivano la campagna elettorale e aumentavano la loro notorietà. Beppe come un virus, se lo conosci lo eviti.

 

 

 

 

 

Brutta notizia per la sinistra, anche perché secondo il primo sondaggio realizzato dopo la candidatura di Luca Bernardo per il centrodestra che Libero può pubblicare in esclusiva - la notorietà è in effetti l'unico dato nel quale il sindaco uscente stravince. Per il resto la partita è apertissima. Ai blocchi di partenza, infatti, i due contendenti sono sostanzialmente appaiati. A Sala viene attribuita una forbice del 44-48%, a Bernardo del 43-47% (lo studio è di Enzo Risso). Cinque anni fa, per farsi un'idea delle proporzioni, l'attuale primo cittadino veniva dato in vantaggio in praticamente tutte le rilevazioni, in alcuni casi perfino con 7 punti di distacco. E alla fine al ballottaggio arrivò ad appena 3 punti da Stefano Parisi. Certo, era un'altra epoca. Tra le altre cose, i grillini pesavano molto anche su Milano mentre oggi pare abbiano dimezzato il loro consenso (dal 10% circa al 5%). Per immaginare come potrebbe andare, può essere utile guardare le stime di voto dei partiti. Il centrosinistra è tra il 42 e il 46%. In altre parole, il valore aggiunto di Sala - dopo 5 anni di governo della città - sarebbe di appena due punti percentuali. Non certo un trionfo, il Pd si aspettava altro quando ha iniziato il pressing per costringerlo a ritentare la scalata al Comune.

 

 

 

 

 

Le liste di centrodestra sommate ottengono lo stesso risultato di Bernardo (43-47). Ma come dicevamo, per ora c'è un difetto di immagine. Il 78% degli elettori di area moderata o sovranista dice di non conoscere affatto l'uomo scelto da Salvini, Meloni e Berlusconi. In questo senso, il candidato scartato dalla Lega, ovvero Maurizio Lupi, avrebbe avuto un considerevole vantaggio: il 76% sa già chi è, dopo una vita in politica (è stato anche assessore con Gabriele Albertini). La sua lista correrà comunque per Palazzo Marino ed è quotata tra il 4,5 e il 5,5%. Colpiscono (ma erano abbastanza attese) le proiezioni sul risultato di Fratelli d'Italia. Alle comunali 2016 il partito della Meloni era finito al 2,4%. Oggi è quotato tra il 12 e il 16 per cento. Nella coalizione, tuttavia, la Lega mantiene un piccolo vantaggio, con una forbice tra il 14 e il 18 per cento.

 

 

 

 

Un risultato non esaltante per Salvini nella sua città, soprattutto se si considera che alle europee il Carroccio era arrivato al 34,1%. Va aggiunto però che alle comunali del 2016 la Lega era all'11%. Il problema di Sala è soprattutto il giudizio che i milanesi attribuiscono al suo governo nei cinque anni passati. Il voto medio alla sua giunta è appena sotto la sufficienza: 5,9. In passato Beppe aveva ammesso di aver commesso qualche "errore di comunicazione" negli ultimi anni, alludendo soprattutto alla celebre iniziativa #milanoriparte lanciata in piena pandemia per invitare i cittadini a fregarsene del Covid. È evidente, però, che ci deve essere dell'altro. E d'altra parte, anche riguardo alla comunicazione, non pare che le cose stiano migliorando. La campagna elettorale del fenomeno dei dem è iniziata facendosi insultare da mezza città per i suoi commenti sulla proprietà dell'Inter. Una volpe.

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