Lusi si confessa a Bechis "Bancomat della sinistra"
Il senatore indagato per truffa: "Finanziavo i capi del mio partito". E conferma di aver dato soldi anche per la campagna di Renzi
Ho parlato per la prima volta in vita mia con Luigi Lusi, tesoriere della Margherita, lunedì 5 marzo 2012, quando poco dopo le 13 ho varcato il portone del suo studio da avvocato nei pressi di piazza del Popolo, a Roma. Il venerdì e il sabato precedente avevo pubblicato su Libero dopo i dovuti riscontri e certo della attendibilità della fonte cui avevo attinto, una serie di fatture pagate dalla Margherita nel 2009 a società vicine al sindaco di Firenze, Matteo Renzi, e fra il 2009 e il 2011 a una società vicino al deputato del Pd, Enzo Bianco. Renzi aveva fatto fuoco e fiamme, minacciando sfracelli (...) (...) e cause civili. I politici fanno sempre così, sia quando scrivi cose vere e scomode, sia quando hanno effettivamente ragione. Nel caso Renzi le fatture erano reali, tanto da essere riconosciute dalle società che le avevano emesse. Era però una scritta a penna che le metteva in relazione al sindaco di Firenze. La logica portava a quello, ma la cosa migliore era andare diretto alla fonte. Non conoscevo Lusi, non avevo i suoi numeri ma sapevo che non aveva mai risposto ad alcun giornalista da quando è partita l'inchiesta sui fondi della Margherita. Ho provato a scrivergli un messaggio di posta elettronica all'indirizzo trovato sul sito internet del Senato. Ho preannunciato il mio desiderio di avere chiarimenti tecnici. E lunedì sono stato ricevuto. L'incontro è durato poco più di un'ora. Onestamente mi ha premesso che si trattava di un «colloquio privato». E si è pure accorto due volte durante il colloquio che stavo registrando attraverso «l'Ipad che è acceso»(cosa su cui ho tentato subito di svicolare). Lui stesso però mi ha detto durante l'incontro di avere «tutte le comunicazioni controllate». Quel colloquio quindi era probabilmente registrato da altri. Sempre meglio avere la versione originale. Non ho pubblicato nulla nei giorni successivi. Lo faccio oggi (parzialmente) per due motivi. Due motivi Il primo è che la procura di Roma ha sequestrato a Lusi e ai suoi familiari tutti i beni posseduti con un decreto in cui si affermava che Lusi aveva passato a Libero le notizie pubblicate per sviare le indagini. E questo è sicuramente falso, come prova il colloquio. Il secondo motivo è che molte delle cose che ci siamo dette (con sue parole identiche) sono state ripetute da Lusi all'inviato di Michele Santoro e rese pubbliche giovedì sera. Il colloquio privato dunque è un segreto di Pulcinella. Ma non poche cose dette da Lusi in quell'incontro sono utili a comprendere la politica e il suo finanziamento oggi. Perché da quel tema sono partito. Sui soldi della Margherita c'è una inchiesta su 13 milioni (forse oggi 20) che sarebbero finiti a Lusi. E gli altri dove sono? Chi hanno finanziato? Con che regole? Domande all'inizio rifiutate dall'ex tesoriere: «Mi faccia capire, l'oggetto dell'incontro quale è? Lei mi vuole fare domande su questa materia? Questo non è possibile perché io sono, come lei sa, stretto in una cinghia asfissiante. Stanno lavorando per massacrare me, così se io un giorno impazzissi qualunque cosa io voglia e possa dire sarà priva di qualsiasi fondamento». Ma ci sarà qualche documento scritto che può parlare al posto del tesoriere. «Non c'è niente di scritto, Bechis. Non c'è una autorizzazione a spendere mille lire, né un'autorizzazione a spendere milioni o migliaia di euro. Non c'è niente di scritto, niente». Quindi nessun regolamento? «No, non c'è. Per cui quando io dico mi assumo la responsabilità di tutti e per tutti, è un fatto. Non è un'opinione. Non è una botta di vita da Ottocento, da Settecento… È un fatto. Chi ha autorizzato i pagamenti? Io. In re ipsa sono responsabile. Di quanto? Abbiamo speso 220 milioni di euro in questi anni? Di 220 milioni di euro. Ma è così. Non è polemica. In un partito che non ha una linea di comando formale, è così che funziona. E io non conosco partiti che abbiano linee di comando formali. Dove arriva l'ordine scritto in cui l'organo x o y ha deciso questo…Non c'è. Le indicazioni sono verbali, di scritto non c'è nulla». Quello che non si capisce è cosa è accaduto ai fondi della Margherita quando questa ha finito la sua attività ed è confluita nel Pd. I vari leader hanno fondato centri studi, correnti, successivamente perfino partiti. Qualcuno ha mantenuto le sue segreterie locali, altri hanno aperto riviste e fatto convegni. Pagava Lusi? C'era un'indicazione in questo senso? C'era un verbale di assemblea, qualcosa di scritto che regolasse chi e come pagare? «No, nulla di scritto. Solo richieste verbali». Eppure il rimborso elettorale è stato percepito dalla Margherita fino al 2011, con la quota delle regionali in Molise. Stiamo parlando di cose lecite, Lusi. Ma era per capire come si prendeva la decisione di rimborsare le spese di un convegno o di un'iniziativa politica a Giuseppe Fioroni piuttosto che ad Enzo Bianco o altri… «Non c'è nulla di scritto, e quindi non posso dimostrare nulla, perché tutti smentirebbero. Lei mi ha chiesto se potevo rimborsare le spese a questo o quello? La risposta generica è sì. Poi c'erano delle ripartizioni». Ripartizioni regolate sulla parola? «Eh, questa è anche la forza di quell'accordo. Che si manteneva sul rispetto della parola, che ogni anno veniva verificata. Se i numeri fossero stati squilibrati, qualcuno avrebbe verificato che quell'accordo non era stato rispettato. Ma su questo non le dico più nulla». Ricordo a Lusi però che secondo il verbale dell'assemblea federale sull'ultimo bilancio noto della Margherita, quello del 2010, ci furono molte contestazioni dei presenti. Lui alza le spalle: «Ma no, erano cose sempre molto generiche, perché l'argomento vero nessuno ha mai avuto il coraggio di affrontarlo direttamente». E quale era l'argomento vero? «Dove andavano quei soldi? Verso quale progetto? In quale quantità? Non sono mai stati diretti fra loro. Infatti spesso arrivavano le bordate e Arturo Parisi mi usava come scudo da colpire perché lui aveva una guerra mai risolta con Rutelli. Poi alla guerra con Rutelli si è aggiunta la guerra che aveva con Pierluigi Bersani e con il Pd». E non è mai stato stabilito quello che doveva accadere dal punto di vista finanziario fra Margherita e Pd? «No. Mai». Già, per non stare a discutere di debiti e patrimoni… «Il Pd poteva contare su zero debiti, un avviamento fornito da Ds e Margherita e poi partiva da zero con il finanziamenti della legge del 2002, esponenziale sui numeri rispetto a quanto avveniva in passato…». Esponenziale sì, eppure sembrano non bastare mai quei fondi. E l'impressione è che i partiti, con tutte le loro leadership e correnti, spendano perfino di più di quel che vediamo… «Penso anche io. Ci sto lavorando sopra a una legge in tal senso, nell'avanzo di tempo che mi rimane». Dicono che da Roma in giù si spenda molto di più: «Guardi, penso anche su…». Dubbio sul “rottamatore” Perché Lusi non si è difeso pubblicamente dalle indagini? «Ho scelto il silenzio sulla mia vicenda giudiziaria. È una scelta personale, una scelta politica, nessun patto con i magistrati. Lei lo sa d'altra parte: qualsiasi cosa in questo momento io dica, verrebbe usata contro di me. Pure se è vera. Ma lei mi ha chiesto un incontro nelle more di quelle bizze con Renzi. Cosa vuole sapere?». La cosa più semplice: quelle fatture pagate da lei erano relative alla campagna elettorale di Renzi o di altri? «Adesso l'unico dubbio che ho è se finanziava le primarie o la sua campagna elettorale. Ma quello è. Lei si tranquillizzi dal punto di vista dell'azione civile che Renzi vuole fare. Non c'è problema. Se uno mi chiama a testimone, io dirò che è così. Ora però non dichiaro nulla. Per altro non so chi gliela ha data quella roba…». Qualcuno me l'ha data, ovviamente. «Ecco, perché in giro si dice che gliela ho data io… Lo dicono i miei detrattori, in particolare modo il mio ex migliore amico… e dicono pure che lei in qualche modo stia confermando. Non solo Rutelli, ma tutti dicono che lei sia la terza gamba di qualcuno che le ha dato queste cose e che sarei io. Mi hanno pure detto “non abbiamo l'anello al naso”, quindi vanno giù proprio duri». Lusi dice che i magistrati sono «molto incazzati», perché pensano che sia stato lui a fare uscire a spiccioli le fatture delle spese pagate dalla Margherita, quelle rivelate da Libero come quelle su Enzo Bianco aggiunte il giorno successivo da Il Fatto quotidiano: «Sono convinti che io stia facendo una operazione di depistaggio - e uso un termine assolutamente fuori luogo - per sviare l'informazione negativa su di me». L'ex tesoriere della Margherita sostiene che non si ricordava nemmeno l'appunto vergato a mano a fianco della fattura con il nome di Renzi e con l'indicazione (su un documento contabile) di non pagare: «Non lo ricordavo, però è molto verosimile, e quando non provvedevamo voleva dire che lui aveva detto di no. Allora in quel caso me lo sono scritto, anche perché mi ricordo perché lui ha detto di no».