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Le finte scuse del ragazzo che insultò l'agente "pecorella"

Il No Tav Marco Bruno a Radio2: "Ero arrabbiato, non lo rifarei. Sono disposto a dare al carabiniere il mio lavoro, la mia casa. A patto che..."

Giulio Bucchi
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Le scuse, per finta. Marco Bruno, il manifestante No Tav, diventato celebre per aver chiamato "pecorella" un carabiniere durante l'occupazione dell'A32 la scorsa settimana, viene intervistato a Un giorno da pecora su Radio2 e non rinuncia all'aria strafottente messa in campo in Val di Susa. "Sono disposto a chiedere scusa all'agente e a fare molto di più", spiega il 28enne attivista. "Gli darei tutto - spiega tra l'incredulità dei presentatori -. Il mio lavoro, la mia casa. A patto che lui faccia obiezione di coscienza e si spogli della divisa". Poi ritorna su quei lungi secondi di insulti: "Quel giorno ero molto arrabbiato, non l'ho fatto per cattiveria e né con odio, ero esasperato dalla situazione. Sicuramente ho sbagliato ad essermela presa anche con la sua famiglia - ha aggiunto - quella frase sulla ragazza non la ripeterei". La presa d'atto dei (molti) errori arriva a sfiorare anche i modi con cui il popolo che si oppone all'alta velocità sta portando avanti la sua battaglia, battagliia che, sostiene Bruno, "se riusciremo a vincere, questo non succederà mai tirando le pietre".

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