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Il saluto di Libero a Lucio Dalla Gesù Bambino picchiatello

Il cantautore bolognese sa trasformare in sorriso anche l'ultimo pianto. Addio allo zio mattacchione e attempato, al genio peloso e diverso

Andrea Tempestini
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Lucio Dalla era, anzi è Gesù Bambino. E' l'allupato che non resiste e alla fine si smanetta. E' il film del lunedì sera su Raiuno, è il dibidibà. E' lo zio un po' attempato e picchiatello che mette in guardia dal lupo. E' quello che manda a cagare, anzi a cagher, il cattodelirante Adriano Celentano. E' l'uomo che ha visto la sua ultima luna a Zurigo, in Svizzera. Triste morire lontano dalla sua Bologna, mai lasciata neanche quando diventa obbligato il grande salto nella Milano degli Anni Sessanta, quella che ride e si diverte, quella che lo aspetta a gambe aperte. Sarà che lui è uno diverso. Gay, anzi frocio, così senza falsi pudori o vergogne da celare e senza mai bisogno di esibire nulla. Col sorriso sulle labbra e la berretta di lana ben calata sulla pelata prima, da giovane. E con l'orecchino brillante al lobo e quel buffo ciuffo biondo poi, da vecchio. Ammesso che a 68 anni Dalla fosse vecchio. Lucio Dalla è morto a 69 anni "Lucio a Sanremo 2012" Musicalmente, forse sì. Difficile ritrovare l'energia, la magia, la follia degli anni Settanta. D'altronde due poeti non possono camminare insieme per tutta la vita, ma quando lo fanno è un big bang. Lui, Lucio, e l'altro, Roberto Roversi. E poi quei tre album tre, dal 1977 al 1980: Com'è profondo il mare, Lucio Dalla, Dalla. Sempre più diretti, sempre più essenziali, come si addice ai capolavori.   Gianni Morandi, Francesco De Gregori, Francesco Guccini, Gino Paoli, Ron, Gaetano Curreri: non parlano, o se parlano è solo per dire che non hanno parole. Le hanno perse tutte d'un colpo, loro che con Dalla hanno condiviso palchi e tournée, tagliatelle e bicchieri di rosso, magari all'osteria da Vito, a Bologna. Stagioni e anni, quando l'America era lontana, dall'altra parte della luna, oppure dietro a un clarinetto e una chitarra, a suonare fino all'alba. Lucio Dalla canta Disperato Erotico Stopm Lucio Dalla canta Anna e Marco Dal jazz al pop, dalla lirica al cinema. Dalla è diverso perché quella strada per le stelle lui la percorre in lungo e in largo, tutta. Ai lati ci trova il mondo intero: checche che fanno il tifo, ragazzi con gli occhi verdi che sembrano di vetro, puttane ottimiste e di sinistra. Zingari, innamorati, donne con le grandi tette, barboni proprio lì dietro l'angolo, in piazza Grande. E per quella strada è invecchiato, per qualcuno è impazzito. Come quando, lui nato cresciuto e vissuto nell'Emilia rossa, lui mina vagante per definizione, sorprende tutti e dice che sì, ci ha cantato ai Festival dell'Unità, "ma solo perché pagavano. Mica perché sono comunista". Apriti cielo, i vecchi compagni lo macellano. Capitelo, è sempre stato un po' matto. Peloso e matto. Lucio Dalla story   La casa di Lucio Dalla a Bologna L'hotel in cui si è spento Lucio Dalla   Due settimane fa, da quella "festa di piazza di Sanremo" picchia duro su Festival ("Non credo ce ne sia stato mai uno peggiore"), Celentano ("Un cantante che s'improvvisa sociologo e per cinquanta minuti ci tiene in ostaggio, farebbe bene a cantare e basta"), pseudo giudici ("Tutti appollaiati a far caciara"). Defilato, accompagna Pierdavide Carone. Un figlio dei talent show, di Maria De Filippi. Ma a Dalla frega nulla: lo apprezza e gli regala Nanì. Accoglie con il solito misto di generosità, ironia e incazzatura l'eliminazione. Tira dritto e parte per l'ennesimo tour, senza sapere che i giorni stan finendo tutti in fretta e in fila. In fondo va bene così. Basta suonare e trasformare in sorriso anche l'ultimo pianto. di Claudio Brigliadori  

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