Per De Benedetti parlare dell'art.18 è una "puttanata"
Secondo l'Ingegnere "alcune modifiche ci vogliono, ma lo spirito della norma è da mantenere". Gli forniamo quattro esempi per fargli cambiare idea
Secongo l'ingegner Carlo De Benedetti "è una puttanata discutere di articolo 18. Faccio l'imprenditore da 54 anni e non mi sono mai imbattuto nell'articolo 18". Così il presidente del gruppo L'Espresso, che ha poi aggiunto: "La guerra prossima ventura è sul lavoro, e noi stiamo combattendo su minutaglie o l'articolo 18". Secondo l'ingegnere sarebbero altri i problemi su cui concentrarsi. Insomma: "Togliamo di mezzo questa puttanata dell'articolo 18. A chi mi dice che non investe in Italia per l'articolo 18 io chiedo: ma l'hai letto? Sai di cosa parla? Parla di licenziamenti individuali. Alcune modifiche ci vogliono, certo, ma lo spirito dell'articolo 18 è da mantenere". Stilettate per tutti - Nel corso della presentazione del libro Green Italy di Ermete Relacci, l'ingegnere ha anche bollato Confindustria come "una lobby stanca in cui la domanda ricorrente è cosa fa il Paese per noi, anzichè cosa facciamo noi per il Paese". L'editore di Repubblica mette poi nel mirino Mario Monti e le sue liberalizzazioni: "Speravo di più, quelle che hanno fatto non sono liberalizzazioni". Quindi De Benedetti non si smentisce, ma spiazza un po' tutti rivelando che "le uniche liberalizzazioni in Italia le ha fatte Bersani quand'era ministro dell'Industria". L'ingegnere non risparmia nessuno, e quindi attacca l'ad Fiat, Sergio Marchionne: "Quando sento che dichiara che torna in Italia se l'Italia gli fa fare le automobili, io vorrei sapere cosa fa lui per fare le automobili che si vendono". "Una puttanata..." - Ma a parte le stilettate riservate a Monti, a Confindustria e a Marchionne, il cuore dell'intervento di De Benedetti è quello relativo alla "minutaglia", ossia l'articolo 18. Su Libero di mercoledì 22 febbraio vi avevamo dato conto di una serie di episodi paradossali nei quali il ricorso all'articolo 18 aveva generato situazioni (e reintegri) ancor più paradossali. Ricordiamo alcune di queste circostanze anche all'ingegnere De Benedetti, per il quale - è bene ribadirlo - parlare di articolo 18 "è una puttanata". L'esibizionista molestatore - Clamoroso il caso di quel dipendente di una società di trasporto licenziato «a seguito di denunzia penale per atti di esibizionismo sessuale nei confronti di una viaggiatrice in una sala d'aspetto ferroviaria», e quindi reintegrato grazie all'articolo 18. Il licenziamento è negato, scrivono i giudici del Tribunale di Milano, «qualora tali comportamenti siano stati posti in essere fuori dall'orario di lavoro, in località diversa e distante da quella di lavoro, senza divisa ferroviaria e il dipendente svolga mansioni che non comportano alcuna possibilità di contatto con l'utenza». Rubare i bagagli non basta - Correva l'anno 2000. Nei locali smistamento bagagli di Malpensa 37 addetti vennero immortalati mentre, sereni e professionali, aprivano metodicamente i colli più promettenti. La Sea - sommersa dall'indignazione popolare per quel ratto aeroportuale - licenziò tutti quanti. Però tre di questi signori fecero ricorso. E uno è stato anche reintegrato nel 2008. La Società aeroportuale milanese ha fatto ricorso e vietato, al dipendente preso a frugare nei bagagli dei viaggiatori, almeno “di entrare in aree sensibili”. Il "malato" che va in corteo - Il tribunale del lavoro di Torino ha dichiarato illegittimo il licenziamento di Damiano Piccione, il trentaduenne manutentore della ditta di costruzioni stradali Itinera che nel settembre del 2010, in un giorno in cui era in malattia, prese parte a un'iniziativa sfociata nella contestazione di Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl. Piccione apparve in un servizio giornalistico televisivo mentre protestava e Itinera lo licenziò. Ai giudici l'operaio spiegò che la patologia di cui soffriva non gli permetteva di compiere sforzi ripetuti ma di manifestare sì. Lo spacciatore "fuori orario" - Spacciare cocaina, ma fuori dall'orario di lavoro, non prevede la perdita del posto. Il Tribunale di Trento ha ordinando il reintegro al lavoro di un postino licenziato dopo essere stato arrestato un anno fa in Trentino e aver patteggiato una pena di un anno e 8 mesi. Secondo la difesa il vincolo fiduciario con il datore di lavoro non poteva «giudicarsi violato in quanto l'attività di spaccio avveniva durante il tempo libero». I giudici di Trento hanno accolto questa tesi e poi il postino al momento dell'arresto aveva ammesso di spacciare per pagare il mutuo della casa.