Carabiniere insultato da No Tav "Ho fatto il mio dovere"
Ha 25 anni, ha frequentato il liceo scientifico e guadagna 1200 euro al mese e 26 euro lordi per ogni giornata fuori sede
È nato in Sardegna, diplomato al liceo scientifico e ha 25 anni. Non è sposato nè fidanzato. Da quando ne aveva 22 indossa la divisa blu scura da ordine pubblico. Da tre anni è addestrato a stare in piedi per ore col cinturone che sega i fianchi aggravato dal peso del tonfa (il manganello a T) della maschera antigas e di tutti gli altri orpelli che prevede l'uniforme di ordinanza. Ma soprattutto il carabiniere del battaglione mobile, insultato dal manifestante No Tav nell'ormai celebre video, è addestrato a non reagire agli sputi e alle provocazioni. Spesso bieche e personali. Perché i manifestanti che vogliono fare leva sui media usano gli insulti. La loro speranza è che qualche carabiniere e poliziotto perda la testa e usi le mani. Quelle immagini farebbero il giro di tv e internet. Si parlerebbe solo di quello. Non delle motivazioni che hanno spinto il militare nè delle motivazioni di chi blocca i cantieri. Ma l'altro giorno il carabiniere semplice (questo è il grado) è stato lì. Fermo. Un colpo di scudo ben assestato e avrebbe rotto il naso del No Tav. Invece ha scelto il rispetto della libretta. Niente violenza gratuita, solo forza mirata quando si carica. Senza disprezzo nè odio, solo consapevolezza. «Non sono un eroe. Questa è la nostra formazione», ha risposto durante una telefonata di encomio al comandante generale dell'Arma il protagonista positivo del video, di cui manteniamo l'anonimato per ovvi motivi. Prende poco più, poco meno, 1200 euro al mese e 26 euro lordi per ogni giornata di servizio fuori sede. Il prezzo di una cena in pizzeria che comprende tutte le ore di straordinario che si possono fare in una giornata. Basti sapere che certi ordini di servizio non hanno indicato il turno, ma solo l'orario d'inizio. Tipo 12-fine. Senza dimenticare che a parte I battaglione carabinieri Piemonte che sta nel castello di Moncalieri e V reparto mobile di Torino i reparti che danno uomini per la sicurezza di Chiomonte sono sparsi in tutta Italia. Molti agenti sono distaccati in Valsusa a lungo prima di poter tornare a casa. «Tutto ciò fa parte del lavoro», commenta a Libero un assistente capo da 27 anni operatore del reparto mobile di Torino, «per fortuna ci sono funzionari, vicari e questori che sono presentissimi e ci sostengono. Semmai un rammarico sta nel fatto che molto spesso i capi prima fanno di tutto per creare lo scontro e poi mandano avanti giovani o studenti». di Claudio Antonelli