Monti, fine del periodo di prova: ce lo teniamo o no?
La politica parla di ammucchiata, noi diamo il voto al governo dopo tre mesi di lavoro. Vi ha convinto? Votate il sondaggio
Si può discutere se sia merito del decisionismo di Mario Monti o colpa dell'inettitudine dei politici. Ma il risultato non cambia: l'assimilazione dei partiti è in atto. Ogni resistenza ai tecnocrati è inutile (e infatti quelli manco più provano a farla). Ieri l'Udc ha reso pubblico il proprio sogno erotico - «potrebbe esserci un 2013 con un Monti bis» – e a differenza delle altre volte nessun dirigente dei due sedicenti partiti bipolaristi, Pdl e Pd, s'è indignato all'ipotesi di Monti ancora premier all'indomani delle elezioni. Anzi, Franco Frattini si è detto «fiero» di cotanto presidente del Consiglio e come lui la pensano due terzi del Pdl, metà del Pd e l'intero Terzo polo. Chi non concorda o si adegua o tace, in attesa di quel «colpo d'ala» della politica che assomiglia sempre più al volo del tacchino. I baluardi dell'autonomia del parlamento dall'esecutivo dei professori oggi sono l'Idv e la Lega, e anche questo dà da pensare. Monti promosso o bocciato? Vota il sondaggio Il confronto tra Pdl e Pd era iniziato con lo scopo di fare una legge elettorale bipolarista, cioè di imporre il principio «o di qua o di là»: se vinci mandi il tuo leader al governo per cinque anni, se perdi te ne stai all'opposizione aspettando il prossimo giro. Questo, s'intende, per i due partiti più grandi. I piccoli avrebbero potuto, tutt'al più, sperare nell'altrui benevolenza per ottenere uno strapuntino nell'esecutivo. Ma l'obiettivo appare già cambiato: l'accordo tra partiti era un mezzo, sta diventando il fine: restare al governo, tutti insieme, sotto l'insegna dei professori. Monti è perfetto, ma anche su Corrado Passera – per fare un nome a caso – nessuno avrebbe da obiettare. Il mutamento del clima è confermato dal barometro della legge elettorale, che da qualche giorno punta più sul proporzionale che sul maggioritario: altro che «o di qua o di là». In questi primi novanta giorni di vita il cammino del governo è stato tutt'altro che esaltante. Le liberalizzazioni non hanno inciso sui settori che più ne avevano bisogno, come (guarda caso) le banche e le assicurazioni; la riforma del mercato del lavoro è ancora campata in aria; le semplificazioni non semplificano nulla; le gaffe dei ministri, incluso lo stesso Monti, sul ruolo rieducativo del governo non si contano; le dimissioni obbligate del sottosegretario Carlo Malinconico e la casa con vista Colosseo che il ministro Filippo Patroni Griffi ha acquistato a prezzo di saldo dall'Inps sono state brutte ferite. Eppure, con stupore dello stesso premier, nei sondaggi il governo tiene bene. Anche la rilevazione online appena lanciata da liberoquotidiano.it («Il governo Monti compie tre mesi. Cosa pensate del suo lavoro?») vede prevalere i giudizi positivi, sebbene di strettissima misura: il 51% dei partecipanti promuove l'esecutivo (il dato è delle ore 21.00 di ieri sera). Mentre i sondaggi commissionati dalle segreterie dei partiti continuano a premiare Monti e la sua squadra più di quanto non facciano con i politici di professione, indipendentemente dallo schieramento. E proprio questo, più di ogni altra cosa, spiega l'atteggiamento arrendevole con cui quasi tutti i partiti si stanno ponendo dinanzi all'esecutivo e la paura che i loro leader hanno di inimicarsi Monti, che diventa terrore puro all'idea di ritrovarsi lui, o uno dei suoi, candidato premier alla guida dello schieramento avversario. Tanto da prendere in considerazione l'ipotesi di allearsi con il nemico anche nella prossima legislatura, pur di non permettere agli altri di correre sotto le insegne del professore. Il quale, per inciso, se riesce a realizzare l'80% del proprio programma diventa il candidato unico per la presidenza della Repubblica, il cui mandato sarà rinnovato nel 2013, subito dopo le elezioni politiche. Proporlo come premier, allora, servirebbe solo a rimandare la vera sfida per palazzo Chigi al giorno in cui Monti fosse dirottato sul Colle. Chi oggi fa il suo nome come primo presidente del consiglio della prossima legislatura, ovviamente, questo lo sa benissimo. di Fausto Carioti