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Hanno scritto "Monti buffone" Rischiano tre anni di galera

Doppiopesismo. I tre ragazzi sono stati pizzicati dagli agenti e sono accusati di vilipendio. E quando insultavano il Cav?

Andrea Tempestini
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È inutile rispolverare la tradizione del dissenso murale del tazebao, o il ribellismo culturale del samizdat sovietico per giustificare  i tre giovanissimi militanti della lega Nord denunciati dalla Polizia, nottetempo, per “vilipendio delle istituzioni costituzionali” dopo aver scritto su un muro di Varese “Monti Bufi”. Che non è esattamente un'espressione orografica (pare non esista la catena montuosa dei Bufi), o una citazione pop (l' “Omino Bufo” era un fumetto degli anni '70): ma, per ammissione degli stessi graffitari padani, trattasi di una scritta contro il Presidente del Consiglio. In realtà, i tre geni volevano scrivere “Monti Buffone”, ma essendo stati ammanettati con le mani nelle vernice verde come in una canzone di Cocciante -“e coi secchi di vernice/ coloriamo tutti i muri”-, la loro irruenza s'è tristemente spenta in un “Monti BufI...”. Laddove quella “I”, ossia una “F” incompiuta,  così pendula ed esausta, avrebbe ridotto il gesto ad un innocuo imbrattamento. Una loffia ideologica, praticamente. Ora, sarebbe inutile affermare che i tre cazzerelloni nell'irruenza giovanile, magari si accingessero a vergare un lezioso “Monti Buffetto”, o un irruento “Monti Bufalo”, o, perfino uno zoologico “Monti Bufo marinus Linnaeus” altrimenti detto “rospo delle canne” anfibio della famiglia dei Bufonidi,  una delle specie di anuri più infestanti del mondo. Certo, per i tre artisti del Carroccio, sarebbe stato più complicato spiegare alla pubblica autorità che cosa sono gli “anuri”; sicché, al quel punto, confessare di aver dato del buffone a Mario Monti era diventata la cosa più semplice. Li avessero lasciati finire, almeno. A quell'accusa, francamente esagerata, di vilipendio delle istituzioni costituzionali ex art. 290 del codice penale, essi avrebbero potuto opporre la difesa dell'art. 21 della Costituzione che sancisce la libertà d'espressione. Tra l'altro, la Corte di Cassazione italiana ha recentemente stabilito una serie di requisiti affinché una manifestazione del pensiero possa essere considerata rientrante nel diritto di critica e di cronaca:  “veridicità (non si può accusare una persona sulla base di notizie false), continenza e interesse pubblico”. Cioè: in teoria, se con dovizia di particolari non smentibile, si fosse dimostrata l'effettiva buffoneria di Mario Monti, i tre avrebbero anche potuto sfangarla. Certo, poi avremmo voluto davvero vederli, postillare l'insulto con una disamina delle performance governative. Ma, insomma, allo stato dei fatti, non abbiamo una controprova che i tre potessero essere economisti o politologi. Poi -qui sta il punto- c'è anche quel precedente della Cassazione. Che annullò la multa inflitta a tale Piero Ricca che insultò Silvio Berlusconi («Buffone, fatti processare, o finirai come Ceausescu») fuori dall'aula del processo Sme. Per i giudici, al di là del dettato del codice penale, l'espressione «buffone» non andava condannata in quanto trattasi solo  di “forte critica” rientrante, appunto, nel diritto della libertà d'espressione. Ma c'è dell'altro. Nel giugno 2009 fu il Times a definire Silvio “un Berlusconi un buffone sciovinista e bugiardo”, umiliante la moglie e latore «di commenti inopportuni per la maggior parte delle donne». E nessuno, istituzionalmente, s'indignò.  E, al di là delle pittoresche manifestazioni di piazza nel 2011, l'economista Roubini giustificò la crisi citando «un buffone come Silvio Berlusconi». Ne ottenne citazioni plaudenti su stampa e tg. Nessuna citazione giudiziaria, ovvio. Ci fu davvero un tempo in cui, ad analizzare le ingiurie murarie antiberlusconiche, mezz'Italia poteva essere sott'ndagine. Il loden di Monti richiede altro trattamento. Dunque, i tre Einsten padani, pure se teoricamente rischiano fino a 3 anni di reclusione, potranno al massimo pagare poderosa ammenda. Poi, d'accordo, c'è  il cotè politico. Il segretario leghista di Varese ha spinto la provocazione più in là, rivendicando l'alata profondità della protesta e definendo Monti “guitto”, “fanfarone”, “zuzzurellone”. Ma questo è un altro discorso... di Francesco Specchia

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