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Vigilessa condannata: telefonava alla mamma

Fa 800 chiamate tra 2004 e 2006: ghisa deve scontare 2 anni e 2 mesi di carcere per peculato, interdetta dai pubblici uffici

Lucia Esposito
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Chiama la mamma dall'ufficio: vigilessa condannata per peculato a due anni e due mesi di carcere, pena non sospesa, oltre all'interdizione per un anno dai pubblici uffici. La sentenza di primo grado è stata emessa ieri dal Tribunale di Lodi. Il tutto è ambientato a Fombio, nel lodigiano, dove S.N. aveva il posto fisso da anni. Le sono state contestate 800 telefonate dal 2004 al 2006. Tutte partite da uno dei telefoni che aveva in dotazione e in orario di lavoro. Chiamate dirette soprattutto all'anziana madre. Ma anche, in misura minore, a parenti e amici. E il comune ha portato la donna alla sbarra. Un anno e 8 mesi di carcere era stata la pesante richiesta del pm Melchionna alle battute finali del processo. Il difensore della donna ha provato a spiegare che si trattava di un processo puramente indiziario. Innanzitutto, spiega il legale, «tutti i parenti dell'agente che risultano contattati in queste telefonate, chiamati dal giudice, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, invocata per vincolo di parentela. Chi dice, dunque, che fosse lei a chiamarli?». E, poi, telefonate sono partite anche mentre lei era in ferie. Ma niente da fare. Il comune ha chiesto anche 150.000 euro di risarcimento per il danno subito quando la difesa ha dimostrato che il danno effettivo ammonta a circa 3mila euro. di Myriam Bruni

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