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La Lucarelli sul copione Crozza: "Cita la fonte cazzo"

Il comico genovese si è ridotto a copiare da Twitter e dal web. Sul microblogging è boom di hashtag che prendono in giro Crozza

Andrea Tempestini
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Che ghiaccio e neve siano un argomento scivoloso, se lo ricorderanno non solo gli italiani che in questi giorni si sono ritrovati con un'anca fratturata o la macchina messa di traverso sulla Bologna-Modena, ma soprattutto Gianni Alemanno e Maurizio Crozza. Sconfitti l'uno dal freddo e l'altro da una freddura. Il primo per le ragioni che tutti conosciamo, ovvero per aver sottovalutato il fatto che Roma rischia la paralisi anche se apre un punto Trony con gli iphone al trenta per cento  o una turista tedesca si sfila il reggiseno a un semaforo della Cassia, figuriamoci con una copiosa nevicata. Il comico genovese perchè ha pensato bene di saccheggiare Twitter per infarcire di battute non proprio originalissime il suo consueto monologo per Ballarò . E siccome sottovalutare il Web, di questi tempi, è pericoloso quanto sottovalutare il meteo, il povero Crozza ha pagato l'ingenua imprudenza di passeggiare per Twitter senza Moon Boot, portandosi a casa una serie di clamorosi soddisfazioni, e cioè : a) numerosi hashtag a lui dedicati tra cui un memorabile #citalafontecazzo e l'ormai noto e geniale #copiaeincrozza, che è stato il trending topic del giorno battendo anche un avversario di tutto rispetto, ovvero #Milan – Juve; b) la promozione, a furor di popolo, a “zimbello del web”, tant'è che amici e familiari di Schettino gli hanno inviato una cassa di Cristal dell'81 in segno di riconoscenza per aver spostato l'attenzione dal capitano; c) un'infinità di discussioni al riguardo sui vari social network in cui l'opinione pubblica è nettamente spaccata in due: innocentisti e colpevolisti. I primi sono convinti che Crozza abbia scopiazzato da Twitter, i secondi sono convinti che lo abbiano fatto i suoi autori. Ma questo è il malfidato, mitomane, sospettoso popolo della rete, perchè poi c'è una larga fetta di persone che credono all'assoluta originalità dei testi del comico. Io, per esempio, credo fermamente a Crozza. E pure all'amore tra Briatore e la Gregoraci, ai Ching, alla licantropia, ai poltergeist e al valore estetico del riporto del ministro Moavero Milanesi. Che poi vediamole queste famose battute pronunciate dal comico genovese e identiche ad alcuni tweet : “Altro che Veltroni, una notte bianca del genere è stata indimenticabile!”, “Alemanno ha detto che è un complotto per togliere le olimpiadi a Roma.. e vabbè ti danno quelle invernali!”, “Papa Ratzinger era preoccupato perchè gli avevano detto che a Roma nevica ogni morte di papa”. Onestamente, sono così brutte che io fossi al posto di Crozza mi guarderei bene dall'attribuirmene la paternità e anzi,  sosterrei con forza di averle copiate. E invece no, il comico ha tentato una debole difesa inviando una lettera al Corriere.it in cui afferma, testuale «Io Twitter non ce l'ho!». E proprio in questo passaggio c'è la chiave di tutto. Perchè Twitter non lo “si ha”. Non è uno smartphone, un coltellino da campeggio, un animale da compagnia, che “ce l'hai”. Non è che te lo metti sulla mensola tra gli incensi di Zara Home e il cigno di cristallo. E quei pochi che ce l'hanno davvero, Twitter, poiché hanno la fortuna di esserne azionisti, temo non sarebbero credibili  nel ruolo di comici di sinistra né di portavoce delle classi proletarie. Su Twitter, SI È, al limite. E dicevo che questa inesattezza è la chiave dello scivolone, perchè oggi, chi attinge dalla Rete scopiazzando video, testi e battute con la convinzione di rimanere impunito, vuol dire che non ha capito nulla della Rete. Che non ha capito il senso critico, la soglia dell'attenzione, l'ironia caustica e la capacità di giudizio di chi oggi sui social scrive, interagisce, comunica e, ahimè, presidia. Vuol dire che non ha capito che la Rete non perdona. Nulla. Né gli accenti sbagliati della Satta, né il tweet classista di Bolle, né la scopiazzatura selvaggia. E soprattutto, oltre a sottovalutare la solidarietà irriverente di chi la rete la popola, dimostra di non aver capito che un comico televisivo, oggi, non può ignorare cosa accade sul Web. Perchè c'è una generazione, quella sotto i vent'anni, per cui la tv comincia a sembrare un fossile e Crozza un signore antidiluviano che dice “non ho twitter” e non si accorge che le battute che gli hanno messo in bocca circolano in rete da giorni ( e qui Fiorello docet). Ci sarebbe poi da aprire una lunga parentesi sui suoi autori. Autori che probabilmente, visto che i testi sono destinati a Ballarò, hanno un concetto proletario della Rete: quello che ci finisce è di tutti e neanche la delicatezza di citare la fonte. Che poi diciamocelo, fior di autori strapagati per partorire un monologo a settimana di pochi minuti, così poco ispirati da attingere dai tweet di studenti e impiegati. Fossi Crozza, io anziché costringerli a pensare a nuove battute sull'emergenza neve, i suoi autori  li manderei una settimana a spalarla, ‘sta neve. Certo, c'è l'alibi del tramonto di Berlusconi e del tragico impoverimento di repertorio, per i comici di sinistra, ma almeno l'ex premier un merito incontestabile ce l'aveva: prima di raccontare una sua barzelletta cretina, premetteva sempre: «Questa me l'ha raccontata Putin!». Lui, sul copyright, mai uno scivolone. E col suo tacco sei, tanto di cappello. P.s. Suggerisco la seguente linea di difesa per Crozza. Iniziare, con un certo piglio, il suo prossimo monologo a Ballarò con la seguente frase: «Quando rubi da un autore, è plagio; quando rubi da tanti, è ricerca».È una frase di Wilson Mizner, ma può tranquillamente evitare di citare la fonte. Tanto è morto nel 1933, su Twitter non c'è. di Selvaggia Lucarelli

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