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I conti in tasca a tutti i partiti: ne manteniamo ben 67

Lo scandalo degli sprechi alle formazioni politiche: soldi pubblici a una miriade di sigle. Nel 2010 il record assoluto

Lucia Esposito
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I due volumi sono ormai da collezione. Mille pagine circa l'uno, sono usciti per i tipi della Gazzetta Ufficiale il 31 ottobre scorso in serie straordinaria. Lì, trasmessi dalla Camera dei deputati, sono raccolti i bilanci 2010 di tutti i partiti e movimenti politici che hanno ottenuto direttamente (quasi tutti) o indirettamente (una manciata) rimborsi elettorali da parte dello Stato. E quindi dalle tasche dei cittadini, militanti o meno che siano. È  la pubblicazione record della storia della Prima e della Seconda repubblica italiana, perché i partiti finanziati dai contribuenti sono ben 67. Non c'erano mai stati così tanti, e la moltiplicazione è stata favorita dalle ultime elezioni regionali che hanno creato liste personali che si sono presto trasformate in nuove forze politiche, come la lista di Renata Polverini e quella di Giuseppe Scopelliti. Tutti insieme i 67 hanno dichiarato di avere ricevuto dallo Stato un cadeau da 221 milioni di euro nel 2010. La cifra non corrisponde al millimetro ai vari rimborsi elettorali che si sommano, perché molti partiti li contabilizzano in modo diverso: c'è chi conteggia solo la quota annuale del contributo, chi invece la inserisce in conto economico integrale e poi non la fa passare più di lì negli annui successivi, chi la mette nei conti di ordine, chi nella partita fra debiti e crediti dello stato patrimoniale. I partiti fanno quello che vogliono, a maggiore ragione lo fanno quando i soldi che arrivano sono certi e nessuno li può contestare. Il fiume di denaro è tanto, perché con questo ritmo nel corso di una legislatura si arriva poco sotto il miliardo di euro da spartirsi. Eppure, come dimostrano quei bilanci, non basta mai. I rimborsi valgono in sé circa tre volte le spese elettorali effettivamente dichiarate: c'è chi spende di più e chi non lo fa, guadagnando tutto quel che arriva dallo Stato. Ma il fiume di denaro fa venire l'acquolina in bocca a chi lo amministra. Così i partiti sembrano avere ricostruito strutture immobiliari e organizzative che fanno invidia ai loro eredi della prima Repubblica, e quando non hanno costi fissi lievitati a bilancio, pagano regolarmente servizi esterni per cifre clamorose. Perfino i partiti che sulla carta non dovrebbero più esistere e fare attività politica, come la Margherita o Alleanza nazionale.  Il risultato è che hanno incassato dallo Stato 169 milioni di euro, ne hanno spesi una settantina nelle campagne elettorali, ma le spese ordinarie hanno fatto lievitare le uscite fino a 297 milioni di euro. Così tutti quelli a cui i militanti non lanciano un salvagente con il loro contributo, riescono pure a chiudere in rosso. Fra le entrate e le uscite molte sono naturalmente partite di giro, perché fra i 67 ci sono veri e propri cartelli elettorali dismessi come l'Unione, La Casa delle Libertà o l'Ulivo. Ricevono ancora loro parte dei contributi elettorali per consultazioni del passato e li girano agli eredi, il Pd e il Pdl in primis. Anche per questo motivo a fare la parte del leone è il Partito democratico, figlio di una quantità innumerevole di formazioni della sinistra che risultano ancora vive e vegete.  È  Pier Luigi Bersani il campione 2010 alla roulette dei contribuenti, visto che in bilancio del suo Pd risultano 51,7 milioni di euro di contributi. Ma è anche il recordman della spesa per mantenere in piedi la sua struttura: poco meno di 100 milioni di euro all'anno, quasi un terzo di quello che spende tutto il sistema politico dei 67. Al secondo posto in entrambe le voci il Pdl, che incassa 32 milioni di contributi pubblici, ma spende per mantenersi 52,8 milioni, in gran parte proprio in comunicazione elettorale. Terzo posto in classifica per la Lega Nord, che prende dalla mammella di Roma ladrona 22,5 milioni di euro, e spende per la sua attività 27,4 milioni di euro. Sbilanciatissima anche l'Udc di Pier Ferdinando Casini, che riceve l'ottavo contributo pubblico in classifica, con 11,7 milioni di euro. Ma è spendacciona: con i suoi 16,4 milioni di euro è il quarto partito in assoluto dalle mani bucate. di Fosca Bincher

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