Ecco il governo dei cattivi: l'antologia dei graffi tecnici
La sobria squadra del prof Monti quando spara fa rumore: da Martone alla Cancellieri, passando per il prof e l'alieno Giarda
I sobri professori del governo Monti ci stanno abituando all'artiglio tecnico. Morigerati, sotto le righe e composti, ma quando la sparano picchiano giù duro. Il governo dei sobri tecnici snocciola con cadenza regolare battute al vetriolo, e decisamente poco politically correct. Non solo lacrime (quelle di Elsa Forenero), insomma (lacrime alle quali, per inciso, Monti dedicò una battuta grondante sarcasmo: "Commuoviti ma correggimi, Elsa", la punse presentando il decreto salva-Italia). Professori con gli artigli - L'ultimo graffio tecnico, freschissimo, è quello del combattivo ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri, che ha spiegato che l'Italia e gli italiani sono "rimasti indietro": "Vogliono il posto fisso di fianco a mammà e papi, nella stessa città". Sempre sul posto fisso la più celebre freddura è stata quella del permier Monti, che scardinando le consuetudini del dibattito politico ha spiegato che "è monotono. E' bello cambiare". Il prof poi ha rincarato con parole decisamente di destra e ha spiegato che già a marzo, probabilmente, cambierà qualcosa su articolo 18 e posto fisso. La palma del più sprezzante e tagliente, però, se l'è conquistata Michel Martone, il viceministro bocca della verità che ha bollato come "sfigati" quelli che a 28 anni, e senza lavorare, stanno ancora studiando (le critiche su Martone, però, sono piovute perché il suo percorso pare essere stato decisamente troppo veloce: viceministro a 37 anni). Governo dei cattivi - Un governo di cattivi, insomma. Altro che tecnici. E il ministro all'Ambiente, Corrado Clini, lo aveva fatto capire subito che non avrebbe guardato in faccia nessuno, riproponendo l'opzione nucleare pochi minuti dopo la sua nomina al dicastero. Menzione d'onore, infine, per l'alieno Piero Giarda (ministro per i Rapporti con il Parlamento), che in aula presentò l'ordine del giorno "Mecacci e company", suscitando la piccata reazione di tutti quegli altri onorevoli che, alla Camera, non si erano mai visti derubricare a "company".