Cerca
Cerca
+

Maroni ora si prende la Lega: "Via chi mi vuole cacciare"

Bobo sul palco con Bossi a Varese: "Non voglio farti fuori". Ma ormai parla da leader: sarà battaglia. Votate il sondaggio

Giulio Bucchi
  • a
  • a
  • a

Non fa nomi, ma i riferimenti sono chiarissimi. Roberto Maroni spara sul segretario provinciale di Varese Maurilio Canton («qualcuno ha detto che voglio visibilità, vi pare possibile?») e sul capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni: «Come faccio a essere invidioso di uno che è di Busto Arsizio?». Non risparmia neanche Rosi Mauro: «È ora di fare un sindacato vero». Teatro Apollonio di piazza Repubblica, circa 1.200 posti a sedere. La sala è gremita. A decine non riescono a entrare. La serata del Bobo furioso comincia nel segno dell'unità. Sul palco, con lui, ecco Umberto Bossi (e non era scontato) con Roberto Calderoli. Solo all'ultimo il Senatur ha deciso di lasciare via Bellerio e raggiungere la città-simbolo del Carroccio. A fine serata dirà: «C'è chi parla troppo e male. A volte sbaglio anche io. Però so distinguere le cose giuste da quelle sbagliate». Maroni prende parola e attacca: «Qualcosa la devo dire…», e si riferisce al divieto di fare comizi che il partito gli aveva annunciato venerdì, salvo fare retromarcia per bocca del leader nel giro di 24 ore dopo la rivolta dei militanti. Che a Varese gli hanno organizzato in un amen l'incontro di ieri. «Questa cosa», quella del bavaglio, «mi ha ferito»: l'ex ministro racconta che gli sono arrivate «più di 400 richieste di incontri pubblici» che intende onorare dalla prima all'ultima.  "Come faccio a essere geloso di uno di Busto Arsizio?" Maroni a Varese su LiberoTv   Le primarie della Lega: votate il sondaggio di Libero «Ringrazio Bossi con affetto» giura Bobo che assicura: «Lui non c'entra» con il bavaglio. Però – attacca il cerchio magico - «sono stufo di processi sommari. Non è più accettabile, queste sono nefandezze». La sala si scalda, Maroni tuona: «C'è qualcuno che mi vuole cacciare. Credo che dovrebbe essere cacciato lui». Fuori dalla sala esplode un coro: “Reguzzoni fuori dai maroni”. Bobo sottolinea che «c'è un unico segretario federale», cioè Bossi. Poi attacca il governo Monti e conferma il suo progetto politico: fare della Lega, «che è casa mia», il partito egemonico del Nord. Tagliando l'asse col Pdl a partire dalle prossime Amministrative. Progetto ambizioso, certo, «ma siamo barbari sognanti…». Parola a Bossi. Che comincia dalla nuova legge elettorale, «dobbiamo stare molto attenti all'accordo Pd-Pdl». Poi Europa, governo Monti, tasse. Fino al mea culpa di cui dicevamo sopra e l'appello per scendere in piazza, domenica. Promette: «Decideremo la data del congresso dopo la manifestazione». Prima di presentarsi al comizio, l'ex responsabile del Viminale aveva parlato con TelePadania per ricordare i vent'anni del Carroccio. Proprio la tv del movimento, per introdurre l'incontro pubblico, ha confezionato un video di dieci minuti con Bobo in compagnia di Bossi. Un modo per dimostrare il legame tra i due. Il Maroni-pensiero era stato anticipato anche da alcuni stralci dell'intervista rilasciata a Panorama in edicola oggi. «Io non sono Bruto, non accoltellerò mai Bossi» ha detto al settimanale. E poi: «Sono un barbaro sognante. È una metafora, questa, presa in prestito dallo scrittore irredentista triestino Scipio Slataper. Morì nella battaglia del Podgora, durante la Prima guerra mondiale. Ma prima riuscì a scrivere un breve e spirituale romanzo, “Il mio Carso”». Maroni assicura: «Non mi interessa avere posizioni di potere, ne ho avute anche troppe. Voglio invece dedicarmi alla Lega, in difficoltà per diverse ragioni: voglio rafforzare l'identità del partito in cui sono nato e in cui, sia chiaro, voglio morire. Ma la Lega deve cominciare a ragionare con la testa». C'è spazio anche per il caso di Nicola Cosentino, il deputato azzurro accusato di legami con la camorra. La Camera ha negato la richiesta di arresto e nel Carroccio s'è aperta l'ennesima spaccatura. «La questione per me è chiusa. Ho votato secondo coscienza» - osserva Maroni - «Non si è trattato di un voto contro il Pdl o Silvio Berlusconi, che stimo, ma di una decisione presa dalla segreteria federale che poi è stata modificata da Umberto Bossi. Io ho preferito mantenere la mia coerenza verso i principi di legalità». Quanto al rapporto col leader, a Panorama ripete: «A lui sono legato da una profonda amicizia. Ma ormai molti vedono in me un simbolo per riportare la Lega al suo progetto originario. Credo sia davvero arrivata l'ora di aprire una stagione di congressi per rinnovare la classe dirigente. Ci vogliono tutti quarantenni, capaci di far superare le difficoltà». Ieri sera, a Varese, il comizio si chiude con cori contro Reguzzoni e la Mauro. Spunta uno striscione: “Maroni in Padania, Cosentino e soci in Tanzania”. di Matteo Pandini vai al blog Padanians

Dai blog