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L'articolo 18 non si tocca: Camusso ci frega ancora

Nella riforma del lavoro che la Fornero presenterà alle parti sociali non si parla del "tabù" della sinistra. Così non va

Giulio Bucchi
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Susanna Camusso, segretario della Cgil, lo ha detto e ripetuto per settimane, praticamente dal momento dell'insediamento del governo Monti e del ministro del Welfare Elsa Fornero: "L'articolo 18 non si tocca, è un tabù". Proteste in piazza, interviste sui giornali, pugni sul tavolo e telefonate di fuoco ai "referenti" politici del sindacato rosso. Un blocco compatto che ha messo all'angolo un governo, quello dei tecnici, appeso anche alle lune del Pd. E i democratici, ovviamente, la battaglia della Cgil l'hanno sposata in pieno nonostante, evidente paradosso, abbiano abbracciato con lo stesso modo anche le liberalizzazzioni di passera. Un progetto riformatore, quello di Monti, Passera e Fornero, che ora rischia di rimanere zoppo: perché nel dl si toccano un po' tutte le categorie, dai tassisti ai farmacisti, dai notai ai giornalisti fino ai professionisti e ai commercianti. Ma manca l'intervento alla base: l'articolo 18, appunto. Il governo non lo ha toccato, rendendo più complicato il progetto "mobilità" annunciato dalla Fornero. Nel piano che l'esecutivo presenterà alle parti sociali, lunedì prossimo, della "libertà di licenziare" c'è poca traccia. Al contrario, sembra un piano tagliato e cucito su misura delle richieste di Bersani e Camusso. Non un buon modo per cambiare davvero il mercato del lavoro in Italia.

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