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Vince Libero, Penati si ritira: non indagherà sul S. Raffaele

L'ex presidente della Provincia di Milano sotto inchiesta per tangenti ha chiesto la revoca dalla commissione sul crac

Giulio Bucchi
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Filippo Penati non farà parte della commissione del Consiglio regionale lombardo che indagherà sul crac del San Raffaele. A confermare la vittoria di Libero, che oggi ha pubblicato un duro articolo contro l'ex presidente della Provincia di Milano indagato per tangenti a Monza, è lo stesso Penati: "Come dichiarato nella nota diffusa dal Consiglio regionale la mia nomina nella Commissione d'inchiesta sul San Raffaele è stato un atto dovuto. Io non ho mai chiesto di parteciparvi e ho chiesto formalmente in una lettera al presidente Davide Boni di revocare la mia nomina". Di seguito leggi l'articolo di Andrea Scaglia Certo che siamo un Paese incredibile, e nel letterale senso della parola. Cioè, prendiamo la vicenda di Filippo Penati, il già sindaco progressista di Sesto San Giovanni nonché ex presidente della Provincia di Milano e capo della segreteria di Bersani, ora sotto inchiesta per questioni di malaffare e malapolitica con annesse (presunte) tangenti. Ovvio che, nonostante la Procura di Monza si mostri convinta d'aver raccolto elementi sufficienti a sostenere le ipotesi di reato - l'avviso di conclusione indagini e la conseguente richiesta di rinvio a giudizio non dovrebbero farsi molto aspettare - nonostante questo, dicevamo, allo stato attuale Penati è colpevole di nulla, dovendo le accuse passare ancora al vaglio processuale. E questa non è considerazione di maniera, ma sostanziale. Scritto questo, esistono poi le cosiddette questioni d'opportunità, espressione invero  spesso foderata d'ipocrisia che però a volte risponde effettivamente a ragionevoli esigenze di correttezza e coerenza di comportamento. Nel senso: com'è noto, Penati in seguito all'inchiesta si è autosospeso dal suo ruolo di presidente del Consiglio regionale lombardo e anche dal Partito Democratico, non però rinunciando alla carica di consigliere. E dunque adesso, come da regolamento, fa parte del cosiddetto Gruppo Misto, la terra politicamente di nessuno in cui finiscono dissidenti e reietti e indagati d'ogni schieramento. Succede ora che proprio in Regione Lombardia debba insediarsi la Commissione d'inchiesta incaricata di approfondire l'altro grande scandalo che sta infangando i colletti bianchi lombardi (per la verità ormai parecchio ingrigiti), quello legato al crac dell'ospedale San Raffaele - e anche in questo caso, oltre ai buchi di bilancio, i magistrati ipotizzano malversazioni d'ogni tipo e anche mazzette più o meno manifeste. La prima convocazione di questa commissione è prevista per lunedì 23 gennaio. Organismi di questo genere devono comprendere i rappresentanti di tutte le forze politiche presenti in Consiglio. E dunque ne farà parte anche lo stesso Penati, proprio in quanto componente del Gruppo Misto. Indagato e indagatore. Quando si dice il paradosso. E non si tratta qui nemmeno d'accodarsi agli stucchevoli rinfacci pseudo-politici, con un partito che sbraita all'altro «tu che hai il tuo uomo invischiato di là, adesso non puoi fare la morale al mio invischiato di qua», e poi «io non ti ho interrotto, tu non m'interrompere» e via con tutto il circo ululante. E però, insomma, il cortocircuito è evidente. Peraltro, fra le faccende legate alla bancarotta del San Raffaele  che la Procura di Milano sta approfondendo, ci sono anche incarichi che coinvolgono persone indagate proprio  nell'inchiesta sul “sistema Sesto”. Tanto per fare un esempio: l'architetto Renato Sarno, già stretto collaboratore dell'ex presidente della Provincia, progettista di un residence commissionato dalla fondazione di don Verzé la cui costruzione era stata affidata  a Pierino Zammarchi, colui che ha poi svelato l'esistenza di fondi neri accumulati proprio dal San Raffaele. E sempre Sarno - che nell'indagine sul San Raffaele non è indagato, è bene precisarlo - avrebbe dovuto sovrintendere il progetto di quell'altra visionaria idea di Verzé che doveva essere l'ospedale del benessere, a Verona. E poi ancora: al San Raffaele fu affidato dalla società “Milano Serravalle” il servizio di elisoccorso da svolgere sull'autostrada Milano-Genova e sulle tangenziali, e però d'altro canto il fulcro dell'inchiesta su Penati è rappresentato proprio dall'acquisto da parte della Provincia - quando lui ne era presidente - di azioni della “Milano Serravalle”, con i magistrati a sospettare che l'operazione celasse anche la distribuzione di tangenti. E insomma, un groviglio politico-giudiziario. Che la presenza di Penati nella Commissione in questione contribuisce se possibile a infittire. Non sappiamo se i regolamenti che hanno portato a questa singolare situazione permettano eventualmente a Penati di rinunciare all'incarico. Non sarebbe certo, da parte sua, un'ammissione di colpevolezza. Ma contribuirebbe a non svilire ulteriormente la già scarsissima credibilità delle istituzioni nostrane.  Qualche tempo fa Fabio Poletti su La Stampa rimarcava come, al Pirellone, un consigliere su cinque (uno su cinque!)  risulti coinvolto o lambito da inchieste giudiziarie. Ora i consiglieri indagati (per malaffare e malapolitica) diventano addirittura componenti delle Commissioni d'inchiesta (su malaffare e malapolitica). Vediamo dove riusciamo ad arrivare. di Andrea Scaglia

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