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L'Ue dichiara guerra al rating Draghi: Momento di agire

Dopo il declassamento del Fondo salvastati da parte di Standard&Poor's è rivolta contro la "lobby" delle agenzie americane

Giulio Bucchi
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Standard and Poor's contro l'Europa. Uno strumento di guerra  del «capitalismo Usa  contro il Vecchio Continente» secondo l'irritata reazione di Olli Rehn, che, come commissario agli Affari Economici è, in sostanza, il numero due di Bruxelles.  Dopo aver declassato il rating di mezza Eurozona, l'agenzia americana opera, infatti, una nuova bocciatura: questa volta nel mirino  finisce il Fondo salva-stati, che perde la tripla A assestandosi a AA+. L'agenzia in una nota fa sapere di essere pronta a ripristinare il punteggio se il fondo otterrà maggiori garanzie dai paesi dell'Eurozona. La retrocessione era attesa, dopo il taglio di Parigi e Vienna. L'annuncio, tuttavia, ha fatto innervosito anche a Mario Draghi. Il Governatore della Banca Centrale, infatti, ha risposto  «declassando» il valore del rating: «Dobbiamo imparare farne a meno -ha detto nel corso di una audizione al Parlamento di Strasburgo-  Bisogna vivere non senza di loro, ma con loro, dando un potere molto più limitato di quello che hanno attualmente». Molto più esplicita la condanna pronunciata da Olli Rhen: «Le agenzie di rating non sono istituti di ricerca imparziali ma hanno i loro interessi e svolgono il loro ruolo molto in linea con il capitalismo finanziario Usa» ha affermato in un' intervista ad una tv finlandese. Qualcuno ha fatto soldi dalla «destabilizzazione», ha detto Rehn che già venerdì aveva definito «aberrante» la scelta di S&P  di declassare mezza eurozona. A migliorare un po' il clima l'annuncio che Moody's ha mantenuto il massimo punteggio per la Francia. Resta il fatto che la situazione sta peggiorando a vista d'occhio. «Ci troviamo in una situazione molto grave e non dobbiamo nasconderlo» ha spiegato Draghi. Il contesto finanziario si è quindi aggravato rispetto a un anno fa. Alla Grecia, infatti, non è stata prestata alcuna cura a dispetto del fatto che il focolaio d'infezione non aveva dimensioni eccessive (trecento miliardi di debiti). Non a caso Atene, a questo punto si trova ormai con un piede e mezzo fuori dall'euro. Nel frattempo il fronte della bufera si è allargato. Proprio l'incapacità dell'Europa di spegnere un incendio di dimensioni limitate ha fatto vacillare la moneta unica. Ora bisogna muoversi a tutta velocità, incita Draghi. «Le decisioni devono essere seguite da azioni», sottolineando che «bisogna attuare tempestivamente le decisioni che sono state prese» al vertice europeo, in particolare per quanto riguarda il fondo salva-Stati temporaneo, l'Efsf, e quello permanente, l'Esm. Complessivamente l'azione dei governi per il consolidamento delle finanze pubbliche è incoraggiante. Ma ora serve la crescita economica attraverso riforme strutturali «perché nel breve termine il consolidamento comporta un effetto negativo sulla crescita», ha dichiarato Draghi, precisando che è necessario rafforzare le difese dell'Eurozona per fronteggiare la fragilità del mercato del debito. In ogni caso il temuto effetto Standard & Poor's in Borsa non si è visto, grazie anche al fatto che gli investitori americani non hanno lavorato. Wall Street è rimasta chiusa per la festa del Martin Luther King Day. L'Europa ha chiuso in rialzo con una notevole accelerazione nel finale, dopo una giornata poco mossa.  Milano è salita dell'1,4%, Londra +0,4%, Parigi +0,8%, Francoforte +1,2%. Calma anche sul mercato obbligazionario. L'asta francese si è chiusa con successo. Parigi ha piazzato 8,6 miliardi a varia scadenza con rendimenti in leggero calo. Il Btp  italiani è sceso di 2 punti base al 6,57%. Lo spread con il Bund si è ristretto a 485 punti. Resta debole l'euro, scambiato a 1,267 contro il dollaro, invariato rispetto alla chiusura di venerdì a 1,268. La valuta europea è al minimo da agosto 2010 nei confronti del dollaro e al minimo da 11 anni rispetto allo yen. di Nino Sunseri

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