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Se spendiamo più per l'auto che per alimentari e bevande

Su mille euro di spesa 191 se ne vanno per i trasporti, combustibili ed energia, mentre per fare la spesa ne servono 190

Lucia Esposito
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Negli ultimi dodici mesi i prezzi sono aumentati del 2,8%: era dal 2008 che non accadeva. A crescere di più, con rincari a due cifre, sono stati i carburanti. Un po' per la crescita dei prezzi della materia prima, il greggio, parecchio per effetto degli aumenti di accise e Iva. Il risultato è sconfortante: ogni 1.000 euro di spesa per le famiglie italiane, ben 191 se ne andranno in trasporti, combustibili ed energia elettrica e 190 in alimentari e bevande. Dunque, come segnala la Coldiretti, l'organizzazione più rappresentativa del settore agricolo, nell'anno che è appena iniziato il costo dell'energia sorpasserà quello del cibo. Nel 2011,  però, i prezzi degli alimentari sono saliti del 2,4%, dunque meno dell'inflazione, mentre nel solo mese di dicembre il «fresco», come l'ortofrutta e le carni, sono addirittura scesi dello 0,2%. Ancora una volta i produttori, come fa sapere Confagricoltura, hanno assorbito buona parte dei rincari, visto «il forte incremento tendenziale dei prodotti energetici, saliti nel 2011 dell'11,3%». Immaginando che i prezzi non si surriscaldino ulteriormente - ma c'è chi per gennaio prevede addirittura un +3,6% - il costo della vita aumenterà  per la famiglia media italiana di 1.059 euro, senza calcolare voci destinate a pesare ulteriormente sui bilanci già magri, segnatamente i tributi introdotti dalla manovra di Natale come l'Imu, la nuova Ici. Il calcolo è del Codacons, ma riflette cifre analoghe diffuse nei giorni scorsi da altre fonti. Decisamente pessimisti sul futuro anche i commercianti: esiste un rischio trascinamento per l'anno appena cominciato, fa sapere Confcommercio: «L'eredità del 2011 in termini di dinamiche inflazionistiche dei prezzi pagati per i prodotti energetici e per il trasporto si farà sentire». Morale: «Anche nel 2012 l'inflazione continuerà a registrare tassi d'incremento abbastanza elevati». A vedere nero è pure l'Unione europea. L'Europa, ha detto il presidente dell'Eurogruppo Jean Claude Juncker, «è sull'orlo della recessione». I depositi bancari parcheggiati presso la Bce, ha spiegato, «hanno raggiunto un livello record» e i creditori «rimangono riluttanti a concedere prestiti».  Nonostante il taglio al costo del denaro deciso da Mario Draghi i soldi rimangono fermi, non circolano. Un pessimo segnale sulle prospettive di breve e medio termine nell'intera Eurolandia, dove per altro il  carovita a dicembre  ha fatto registrare un andamento speculare rispetto all'Italia: +2,8%. Secondo l'associazione dei consumatori Adoc le manovre finanziarie avranno un effetto depressivo stimabile in 100 miliardi di euro «che faranno diminuire la nostra ricchezza lorda del 7%», spiega il presidente Carlo Pileri, «e se gli italiani non avessero già compresso le spese, l'inflazione a consumi costanti sarebbe addirittura al 6%». Ma di taglio in taglio l'economia rischia di non ripartire più. di Attilio Barbieri twitter@attilionio

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