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In Borsa la festa è già finita "Addio all'euro? Al 99%"

A Piazza Affari, peggiore in Europa, il primo tonfo dell'anno: -2,04%. Lo studio britannico: presto addio moneta unica

Andrea Tempestini
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Dopo due giorni di euforia si torna sulla terra. La Borsa di Milano archivia la terza seduta del 2012 con un pesante passivo. A Milano il paniere principale Ftse Mib ha perso il 2,04%, mentre l'indice complessivo All Share ha lasciato 1,67 punti percentuali. Pesanti le vendite sul comparto bancario. Milano si aggiudica così la poco lusinghiera maglia nera d'Europa, dove Londra perde lo 0,59%, Francoforte lo 0,75%, Madrid l'1,70% e Parigi 1,48 punti percentuali. Notizie poco incoraggianti anche dal fronte dello spread. Il differenziale tra Btp e Bund tedesco a dieci anni ha subìto poche oscillazioni nel corso della giornata, restando sempre attorno alla preoccupante quota di 500 punti nonostante gli acquisti continui da parte della Banca centrale europea. Euro addio al 99% - E in un contesto sempre più teso, con la disoccupazione spagnola alle stelle e l'acuirsi infinito della crisi del debito, fa capolino un preoccupante studio del Forecasting Eye del Centre for economic and business research (Cebr), che laconicamente spiega: con il 2012 inizia la fine dell'euro. Secondo gli espreti del Cebr esiste infatti un 60% di possibilità che nel corso dell'anno almeno un paese abbandoni la moneta unica. Questo sarebbe il primo passo verso la disgregazione della moneta unica, le cui probabilità secondo l'ente di ricerca arrivano al 99% (in ascesa rispetto all'80% della precedente edizione dello studio): la fine dell'euro viene data pressochè per certa entro i prossimi dieci anni. Ovviamente la prima indiziata ad uscire dall'unione monetaria è la Grecia, e da Atene sono arrivate conferme alle ipotesi dello studio britannico. Ma tra i grandi 'favoriti' c'è anche l'Italia, per la quale il Cebr scommette più sull'abbandono che sulla permanenza nell'euro. Tracollo di Unicredit - Tornando ai dolori di Piazza Affari, come detto hanno pesato le vendite sul comparto bancario. Per Unicredit è stato un vero e proprio tracollo: il Cda ha fissato il prezzo delle azioni da emettere nell'aumento di capitale con un forto scontento rispetto alla quuotazione, decisione che è stata interpretata come un segnale di debolezza e che si è tradotto in una valanga di vendite. A fine giornata, dopo diverse sospensioni, il titolo Unicredit ha chiuso con una perdita del 14,45% e scambi in forte crescita.

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