Nei comuni rossi botti e fuochi scoppiano in faccia ai sindaci
La risposta al tentativo di soviet. Le poche multe non hanno fermato la voglia di festa. Milano, Venezia, Torino: fuochi a volontà
Ordinanza o non ordinanza, un apparato bellico di botti degno dell'Afghanistan, ha colpito ancora. Come l'anno scorso. Anzi più del 2011, quando il divieto antipetardo ancora non esisteva nella mente dei sindaci che per motivi di civiltà e inquinamento hanno voluto imporlo. Inutilmente.Sarà perché la proibizione è partita troppo tardi, quando ormai i patiti del raudo avevano fatto rifornimento e trasformato lo scantinato in polveriera. Sarà perché i sequestri a tappeto delle forze dell'ordine non hanno sortito il sufficiente effetto drenante, nonostante 437 denunciati in tutta Italia. Sarà perché il mercato clandestino ha trovato tutto il tempo e lo spazio per saziare i fanatici dei botti, sta di fatto che il numero dei feriti dimostra che niente è cambiato rispetto a prima. L'ordinanza, alla fine, è scoppiata in faccia ai sindaci dei duemila comuni che si erano illusi di arginare l'annunciata strage di San Silvestro e sradicare una tradizione che va avanti da sempre. I sindaci proibizionisti e dell'illuminato intento pedagogico non hanno fatto i conti con gli umori dei loro amministrati. Con l'insofferenza della gente per la valanga di norme e sanzioni che continuano a piovere addosso: proibito andare in centro con la macchina se non dietro pagamento di balzelli, vigili in agguato e intenti a fare cassa piuttosto che a garantire l'ordine e la sicurezza. Come si poteva pensare che un'ordinanza compilata alla vigilia di Capodanno potesse dissuadere le persone ad accendere il mortaretto e a fare finalmente festa? Una risposta di buon senso la dà il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che non ha applicato il divieto come non lo ha fatto Gianni Alemanno a Roma: «Il botto di Capodanno non è un tema da ordinanza», spiega Renzi, «meglio fare un appello alla responsabilità dei cittadini». A Bari, dove ai fuochi non si può rinunciare come a Napoli, il primo cittadino Michele Emiliano ha dovuto cedere nonostante il divieto da lui firmato. Arrivato in piazza Libertà per il concerto di Elio, sotto la pioggia di botti e fuochi, Emiliano ha brindato ai baresi e anche «ai trasgressori». Il fallimento del provvedimento era prevedibile, come l'impossibilità ad applicarlo davanti alla carenza di vigili soprattutto nelle grandi città. E i numeri degli incidenti 2012 purtroppo lo confermano. Due morti e 561 feriti: settantasei hanno meno di dodici anni. Il bollettino di guerra diramato ieri dal dipartimento della pubblica sicurezza, non soltanto è più tragico di quello dello scorso anno (quando una sola persona aveva perso la vita e altre 498 erano finite in ospedale), ma è addirittura il peggiore dal 2001. Alla faccia dell'ordinanza. Eppure le forze di polizia non erano rimaste con le mani in mano nelle ultime settimane: i verbali compilati dagli agenti annotano 1.200 razzi sequestrati, insieme con 157 munizioni, 64 tonnellate di manufatti pirotecnici, tre di polvere da sparo, più 11.000 detonatori. Nel 2011 erano stati 300, i detonatori scovati dalla polizia. Armi che bastano per equipaggiare un reggimento. Ovvero la solita parte di italiani, fatti salvi i bambini, alla quale è difficile togliere il gusto barbaro di far festa con la polvere pirica. E se non bastano le dita spappolate o gli occhi sfondati a fermare i kamikaze del Capodanno, figuriamoci cosa può fare un sindaco col deterrente di una multa dell'ultima ora. A Milano, uno dei comuni con divieto, il sindaco Giuliano Pisapia ne ha incassate 200. «E sono state individuate molte più persone a cui saranno inviati regolaremente i verbali», avverte il sindaco. Ma a Milano come a Bari, Torino, Venezia o Ercolano, i feriti da botto ci sono stati. A parte Napoli, dove un uomo di 39 anni è stato ucciso da una pallottola vagante mentre accendeva un “raudo” davanti al suo ristorante, il fatto più grave è accaduto a Roma, quartiere San Basilio. Cristian Castaldi, pregiudicato 31enne, per tutta la sera ha sparato fuochi illegali a più non posso. L'ultimo petardo lo ha acceso a mezzanotte e quaranta, al primo piano del suo appartamento di via Gigliotti, ma non ha fatto in tempo ad arrivare al balconcino per buttarlo giù. L'ordigno gli è esploso in mano e ha innescato una reazione a catena con gli altri chili e chili di fuochi stipati nella casa trasformata in arsenale. Risultato: lui morto, la nipotina di 4 anni sfigurata e in gravi condizioni all'ospedale Bambino Gesù, più altri tre bambini ricoverati. E poteva andare ancora peggio: in casa a festeggiare con zampone e lenticchie c'erano venti invitati. La conta dei feriti non si ferma a Roma, continua lungo l'Italia dell'ordinanza e anche del botto libero. A Napoli le persone finite in ospedale sono cinquantadue, da aggiungersi alle ventuno della provincia. Otto sono bambini e c'è anche una donna. A Foggia a un romeno di 23 anni sono saltate due falangi della mano destra. Tra mezzanotte e l'una in un appartamento in via Bruni a Milano, un uomo di 50 anni ha perso tre dita. Amputati anulare e pollice a un bergamasco di 37 anni e la mano destra a un ragazzo di 19 di Brunate, sopra Como. A Palermo è rimasto sotto i ferri per tre ore un ragazzino di 14 anni: per l'esplosione di un missile artigianale ha perso tre dita e l'occhio destro. Il solito, spaventoso leitmotiv. Divieti, appelli, raccomandazioni, multe e sindaci uniti dalla buona volontà non sono in grado di arginare il fenomeno che si ripete da sempre. Con gli alti costi sociali che ne derivano. Nell'anno del divieto del petardo qualche sollievo lo hanno provato cani e gatti, ma non i contribuenti. Costretti a pagare la pensione a nuovi incoscienti invalidi civili. di Cristiana Lodi