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Vita e nemici del prete laico che la curia non sopportava

Facci e la (vera) storia di don Luigi Verzé: tutti sguazzano nei guai del San Raffaele, ma dimenticano la sua forza rivoluzionaria

Giulio Bucchi
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Il San Raffaele non è più quello di una volta, è soltanto un ottimo ospedale lombardo come altri. Ma don Verzè resta un uomo che nella sua lunghissima vita ha fatto più cose (buone) di quanto riuscirà la maggior parte di noi messi insieme, un uomo che per realizzarle ha combattuto la Chiesa e lo Stato, la destra e la sinistra, gli uomini e le donne, soprattutto la stupidità intesa come la più inguaribile delle malattie. Così Filippo Facci inizia il suo ritratto del fondatore del San Raffaele, il prete morto a 91 anni (con il giallo?) e la cui scomparsa è stata salutata da più parti con un misto che va dalla gelida indifferenza al compiaciuto pregiudizio. C'è addirittura chi, come il Fatto Quotidiano, ha liquidato Don Verzè semplicemente come un "bancarottiere". "Ma ignorano - prosegue Facci - che gli ospedali italiani, prima di Don Verzé, letteralmente non esistevano nell'accezione moderna del termine: non come riferimenti per un ceto medio che non esisteva a sua volta, non come centri di ricerca e di studio, di previdenza e di assistenza sociale. Non è un modo di dire: non c'erano proprio, c'erano le cliniche dei baroni che si portavano appresso i malati come pacchi, c'erano le cliniche dei ricchi in mano quasi sempre a religiosi accomodanti, oppure, ecco, c'erano lazzaretti, i casermoni con camerate puzzolenti e file di cinquanta letti, lugubri cronicari con la cultura del dolore e della penitenza come unica e vetusta regola: Sergio Zavoli, su questo, ha fatto bellissime inchieste. Altro che diritti del malato, altro che rispetto sacrale dell'infermo e altre sciocchezze che Don Verzé, da noi, immaginò semplicemente per primo, questo per lo scandalo e per l'ostracismo di tutte le curie, del Vaticano, dell'italietta cattocomunista secondo la quale ciascuno doveva stare al posto suo, i preti in chiesa e i medici nelle cliniche tirate a lucido".   Don Verzè, il prete laico che la curia non sopportava Leggi l'articolo di Filippo Facci su Libero in edicola oggi, lunedì 2 gennaio  

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