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Socci Se il vescovo si fa ispirare dal Prof Monti: il nome della 'sobrietà' elimina il presepe

Fedeli in rivolta. L'alto prelato di Rieti ha tolto il presepe dalla cattedrale: "Bisogna pensare all'essenziale". Ma così va anche contro al Papa

Andrea Tempestini
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Benedetto XVI, nella messa di mezzanotte di Natale, quest'anno, ha pronunciato un'omelia tutta incentrata su san Francesco per la sua meravigliosa “invenzione” del presepio, a Greccio, nell'anno 1223. Spiegando che quell'umile rappresentazione coglie il cuore del cristianesimo. Incredibilmente, proprio quest'anno, il vescovo di Rieti, che è il vescovo di Greccio – cioè del luogo dove Francesco inventò il presepio – ha deciso: niente più storico presepio nella cattedrale. Gesù bambino, la Madonna, san Giuseppe, con i pastori e i magi… Come a Betlemme duemila anni fa, non c'era posto per loro nella cattedrale di Rieti. Negli anni scorsi su queste pagine più volte abbiamo criticato certe crociate ideologiche contro il presepio, soprattutto nelle scuole, dovute a professori o presidi imbevuti di “politically correct” che consideravano quella tradizione cristiana una discriminazione verso alunni di religione islamica. Ma non era mai capitato che fosse un vescovo ad “abolire” il presepio e soprattutto sta facendo clamore – nella rete – il fatto che si tratti proprio del vescovo di Greccio. Più ancora della decisione in sé, hanno sconcertato le motivazioni che sono state fornite dal settimanale diocesano di Rieti per giustificare la scelta. La toppa è stata molto peggiore del buco. Infatti il giornale ha scritto che si tratta di «una scelta di sobrietà» e «un segno tangibile di condivisione». Condivisione di cosa? Con chi? Il presepio lo fanno tutti. E poi perché «scelta di sobrietà»? In omaggio al governo Monti, “sobrio” per definizione? Siamo a tal punto alla mercé delle mode politiche da svendere il presepio? Allora il papa che anche quest'anno (come tutti i parroci della Chiesa Cattolica) ha fatto allestire il presepio in piazza San Pietro non avrebbe fatto una scelta “sobria” e “di condivisione”? La Curia reatina sembra considerare il presepio un segno di “edonismo”. Ma ignora – proprio lei - la storia del presepio? Esso nasce dal santo della povertà come segno di amore al Salvatore da parte dei più poveri e dei più semplici. L'ineffabile settimanale diocesano reatino sostiene che sarebbe “superficiale” (oltreché “edonista”) chi giudicasse criticamente la cancellazione del presepio. Dunque la Curia reatina – unica nella cristianità - avrebbe dato un segno di profondità e di ascesi? Negando il presepio ai fedeli? Il giornale diocesano dice che dobbiamo «contribuire a recuperare risorse». Abolendo il presepio? Non sarebbe un risparmio maggiore abolire il giornale diocesano visto che – anche in questo numero – sembra preoccupato soprattutto di difendere le esenzioni dall'Ici della Chiesa? Il settimanale motiva la “cancellazione” del presepio invitando a «rinunciare a quello che ci sembra necessario per concentrarci su quello che è essenziale». Ebbene, la difesa dell'esenzione dell'Ici sarà “necessaria” per la Chiesa, ma davvero non sembra “l'essenziale” della sua missione nella storia. Oppure tutto si è capovolto? Un fedele ha scritto: «La Cattedrale senza presepe non è per nulla più sobria, è solo più brutta, e la bruttezza non salverà certo il mondo… se si deve rinunciare ad usare la bellezza per parlare al mondo di Dio, cosa che costituisce l'unica ragione di essere di una cattedrale, allora è la cattedrale ad essere superflua». In realtà dal 1997, su direttiva dei vescovi, è stato sfrattato dalle chiese italiane lo stesso Gesù eucaristico (si è infatti imposto di relegare il tabernacolo in qualche sgabuzzino) per cui non c'è da sorprendersi che ora venga sfrattato anche il presepio. C'è il rischio che quello di Rieti sia solo l'inizio di un altro crollo a catena. Notevole è un altro sofisma della Curia reatina, secondo cui «l'assenza in questo caso vale più della presenza». Un lettore ha ribattuto: «Non ho parole… nemmeno il governo Monti nella manovra pensioni ha avuto il coraggio di usare boutade di questo genere…». Del resto se questa “assenza” voleva essere una “provocazione” alla serietà della fede ha risposto a tono Riccardo Cascioli, sul giornale cattolico online La bussola quotidiana: «Chissà che bella provocazione alla nostra fede quella domenica che entrando in chiesa, trovassimo l'avviso: “La messa non si celebra per richiamare all'essenziale”. Chissà quante conversioni fulminanti». Dei lettori di Rieti ci scrivono mail indignate: «il vescovo vuole che teniamo solo l'essenziale e cancelliamo via, per “sobrietà” e “solidarietà”, tutto ciò che non è essenziale. Sarà per questo che quest'anno è andato al Rotary Club di Rieti a ricevere il Premio “Sabino d'oro” consistente in una placca d'argento dorato su cui è incisa l'immagine di un Guerriero Sabino stilizzato? Era proprio essenziale per la fede?». Dal reatino ci segnalano altre iniziative con cui quest'anno la Chiesa di Rieti ha mirato all'“essenziale”. Per esempio, durante i festeggiamenti di S. Antonio, conclusi dalla solenne celebrazione del vescovo, segnalano – oltre all'illuminazione delle maggiori vie cittadine (fatta forse per “recuperare risorse”) – l'“essenziale” festa del Bertoldo show, lo spettacolo dell'Orchestra Sonia e il Duo di Pikke, il fondamentale (per la fede) spettacolo “Pizzica e Taranta” con i tamburellisti di Torrepaduli, il concerto della Rino Gaetano band, quello della banda di Poggio Bustone, l'imperdibile (per il bene delle anime) concerto Erosmania, con Antonella Bucci e il comico Gabriele Cirilli, per non dire della distribuzione della tradizionale cioccolata calda che è un tocco di ascesi e di spiritualità. Il tutto concluso dalla processione solenne col vescovo seguita, a ruota, dallo spettacolo pirotecnico della ditta pirotecnica Morsani. E dopo ciò invocano la sobrietà per far fuori il presepe. Si dirà: suvvia, quello della Curia di Rieti è stato uno sbaglio, ma non facciamola lunga, in fondo è solo un presepio.È vero. Ma dietro questa scelta in realtà  fa capolino una mentalità purtroppo assai diffusa nel mondo ecclesiastico-episcopale, la quale intimamente disprezza la devozione popolare, ritenendola preconciliare e fastidiosamente “materialista”, mentre sarebbe da preferire una presunta purezza della spiritualità incarnata dai discorsi degli addetti ai lavori (da qui anche l'ostilità verso santi popolari come padre Pio o verso realtà come Medjugorije). Ora, a parte la somiglianza di questa mentalità clericale, un po' iconoclasta, con quella protestante, c'è da dire che il presepio e la venerazione dei santi e della Madonna sono quanto c'è di più cattolico, proprio perché esprimono il desiderio di toccare con mano e vedere il Dio che si fa uomo e che entra nella carne della nostra vita, si prende sulle spalle le nostre sofferenze e le nostre miserie. È precisamente per questo che il papa, la notte di Natale, ha pronunciato quella poetica meditazione sul presepio di san Francesco a Greccio, dove «si rese visibile una nuova dimensione del mistero del Natale». Francesco di Assisi «baciava con grande devozione le immagini del bambinello e balbettava parole di dolcezza alla maniera dei bambini, ci racconta Tommaso da Celano … attraverso di lui e mediante il suo modo di credere» ha aggiunto il papa «è accaduto qualcosa di nuovo: Francesco ha scoperto in una profondità tutta nuova l'umanità di Gesù… Tutto ciò non ha niente di sentimentalismo. Proprio nella nuova esperienza della realtà dell'umanità di Gesù si rivela il grande mistero della fede. Francesco amava Gesù, il bambino, perché in questo essere bambino gli si rese chiara l'umiltà di Dio». Il Papa ha concluso: «Proprio l'incontro con l'umiltà di Dio si trasformava in gioia: la sua bontà crea la vera festa. Dobbiamo seguire il cammino interiore di san Francesco – il cammino verso quell'estrema semplicità esteriore ed interiore che rende il cuore capace di vedere... ed incontrare il Dio che è diverso dai nostri pregiudizi e dalle nostre opinioni: il Dio che si nasconde nell'umiltà di un bimbo appena nato». di Antonio Socci

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