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Napolitano dopo Berlusconi vuole rubarci pure il welfare

Il Capo dello Stato alla rivista Reset: "E' anche ineludibile operazione riduzione della spesa pubblica". Colle detta la linea

Andrea Tempestini
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Se Mario Monti, in quasi tre ore di conferenza stampa, non va al di là delle buone intenzioni sulla “fase cresci Italia” del suo governo, Giorgio Napolitano le idee le ha chiarissime. L'obiettivo principale delle «forze riformiste», intima il presidente della Repubblica dalle colonne della rivista «Reset», deve essere quello di coniugare la tutela della «competizione» con i «valori di giustizia e di benessere popolare». Punto di partenza: il superamento delle «degenerazioni parassitarie del welfare all'italiana». Parole, anticipate ieri da «Repubblica», destinate a puntellare i futuri interventi dell'esecutivo in tema di tagli alla spesa pubblica e di rimodulazione delle agevolazioni fiscali alle famiglie. Il programma del Colle comprende anche «sburocratizzazione e risanamento degli apparati istituzionali». Approfittando del dibattito sullo stato della politica italiana a cinquant'anni dalla morte di Luigi Einaudi, uno dei suoi precedessori al Quirinale, Napolitano detta a Palazzo Chigi l'agenda per il resto della legislatura. Dopo aver auspicato per l'Europa un balzo in avanti sul fronte della leadership per far fronte alla crisi dell'euro - ai suoi occhi le guide attuali «appaiono in grande affanno» -, l'inquilino del Colle volge lo sguardo in casa propria. «Particolarmente acuta è oggi per le forze riformiste l'esigenza di perseguire nuovi equilibri», scrive il presidente della Repubblica. Come? «Rimuovendo incrostazioni corporative e assistenzialistiche rimaste ancora presenti nel nostro Paese». Il capo dello Stato lo ammette: «È indubbio che in Italia, già a partire dagli anni Cinquanta, lo Stato intervenne con sempre minore “prudenza” e senso del limite, nella vita economica». Da qui la ricetta del Colle: «Ora che a minare la sostenibilità di quella grande e irrinunciabile conquista che è stata la creazione dell'euro concorre fortemente la crisi dei debiti sovrani di diversi Stati tra cui l'Italia, è diventata ineludibile una profonda, accurata operazione di riduzione e selezione della spesa pubblica». Napolitano chiede interventi per avviare un «processo di sburocratizzazione e risanamento degli apparati istituzionali e del loro modus operandi». Ed è in questa prospettiva che il presidente della Repubblica colloca le misure sul welfare laddove spinge per una rifondazione di «motivazioni, obiettivi e limiti delle politiche sociali». Politiche che vanno rimodellate «in coerenza con l'epoca della competizione globale e con le sfide che essa pone all'Italia». Insomma, dopo una vita passata in quel Partito comunista in cui, riconosce il capo dello Stato, «dogmatismi e schematismi ebbero il sopravvento su ispirazioni di cultura liberale», Napolitano si trasforma nel paladino del mercato, una realtà con la quale «occorre fare più che mai i conti». Per il presidente della Repubblica, infatti, bisogna riconoscere il ruolo che «spetta all'iniziativa e all'impresa privata, con le sue esigenze di libertà, di affrancamento da vincoli che ne comprimano la competitività».  Quindi l'appello alle forze parlamentari che sostengono l'esecutivo Monti: «Il recupero di simili approcci e contributi di pensiero ai fini di una revisione, di un adeguamento al nuovo contesto generale, della piattaforma programmatica e di governo delle forze riformiste, non può apparire né improprio né arduo». di Tommaso Montesano

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