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Casa e la riforma del catasto: l'Imu può salire fino al 200%

Possibile mazzata con l'adeguamento delle rendite a valori reali. Gli aumenti fino al 323% sulle seconde abitazioni

Giulio Bucchi
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L'incubo dei proprietari di immobili si chiama riforma del Catasto. O meglio: riforma dei parametri catastali ai fini fiscali. Fin ad oggi il valore catastale era preso a riferimento per la tassazione. Se il disegno di legge delega procederà spedito come sembra nelle intenzioni del governo, tra qualche tempo ci troveremo a pagare non più sul valore catastale ma su quello (ben più alto) di mercato. Il governo, mettendo mano all'Ici, reintrodotta con il nome di Imu pure sulla prima casa (anche se con sgravi progressivi), ha avviato un percorso che porterà alla verifica degli effettivi metri quadri e non più ai vani catastali. Una riforma epocale considerando che la definizione di vano catastale risale al 1939. In mezzo una guerra, la ricostruzione, il boom economico e la speculazione edilizia. Per arrivare ad oggi, dove il 70% delle famiglie ha una casa di proprietà. La manovra conoscitiva del patrimonio degli italiani potrebbe però rappresentare il primo passo per avvicinare il valore catastale ai valori di mercato. Dal governo assicurano che l'operazione sarà «a saldo zero», ma è evidente che un adeguamento dei valori del bene porterà, chi possiede un immobile in una determinata strada che sarà classificata di pregio, a pagare di più. Quanto? All'Agenzia del Territorio stanno ancora lavorando per mettere a punto il mix tra valore, rendite e localizzazione degli immobili. I tecnici parlano di un «complesso algoritmo» che dovrebbe alla fine “sputare” il nuovo salasso per i contribuenti. Attenzione: di numeri precisi oggi non ce ne sono, però lanciandosi nelle simulazioni - e applicando i veri valori di mercato per desumere la tassazione - si può ipotizzare che l'Imu possa salire a Milano del 70%, e a Napoli addirittura del 212%. E anche le tasse sulla prima casa e quelle relative all'acquisto di un secondo immobile lieviterebbero considerevolmente (dal 100 a oltre il 300%). È pur vero che oggi la classificazione in 11 classi dell'immenso patrimonio immobiliare privato (circa 32 milioni di immobili accatastati) è sommaria. Tanto più che dal 1939 ad oggi poco è stato fatto per catalogare migliorie ed interventi che hanno trasformato immobili ultra-popolari (addirittura senza bagno), in modernissimi loft in zone di lusso. Secondo alcune simulazioni elaborate dall'Agenzia - che non sono estese a tutte le realtà provinciali - la differenza tra valore di mercato e estimi catastali può balzare dal 150 ad oltre il 400%. Ma non basta. Se infatti è ipotizzabile che si proceda con una certa attenzione per la prima casa di residenza (come il “quoziente familiare” introdotto dal decreto Salva Italia), differente potrebbe essere il discorso per chi ha deciso di investire i risparmi in quattro mura, magari da lasciare alla figlia quando abbandonerà il “nido” familiare. Se oggi si spendeono alcune decine di migliaglia di euro tra notaio, agenzia e tasse ipocatastali, con l'adeguamento dei valori catastali al prezzo di mercato si rischia di pagarne alcune decine in più. Un salasso. E forse per evitare crolli nelle compravendite verranno introdotte clausole di salvaguardia e magari la sterilizzazione delle rendite. E tutto questo senza considerare la leva fiscale che viene affidata ai sindaci.Che potrebbero cedere alla voglia di fare cassa aumentando di molto l'addizionale locale. di Antonio Castro

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