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Ecco tutte le liquidazioni d'oro dei nostri "onorevolini"

I Tfr della politica: si chiama "assegno di reinserimento sociale": ogni consigliere regionale incassa 100mila € a mandato

Andrea Tempestini
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Li chiamano “assegni di reiserimento sociale”. Trattasi di una strana circonlocuzione di cui non v'è traccia in natura e in giurisprudenza; roba che evoca galeotti sulla via della redenzione, pregiudicati alla Honoré de Balzac, tossici spurgati da comunità di recupero. In realtà, qui si tratta, banalmente, del Tfr tecnicamente detto “indennità di fine mandato” dei consiglieri regionali. Per introdurre il tema, una notizia buona e una cattiva. Quella buona è che la Lombardia, regione più virtuosa d'Italia nei marosi della crisi, da una settimana ha abolito i suoi Tfr; quella cattiva è che il  vicepresidente del Consiglio regionale lombardo Franco Nicoli Cristiani arrestato per presunta tangente di 100mila euro, riceverà 340mila euro proprio di Tfr (oltre a un supervitalizio di 5mila euro al mese). Sono i paradossi del nostro tempo: quel che l'etica e la giustizia tolgono, la politica restituisce. C'è una casta global, la politica romana che odora di trippa, terrazza e coda alla vaccinara; e una casta local, quella degli “onorevolini“  che ci costano cari in privilegi perfino anche quando sono trombati. Nella scorsa legislatura, per dire, ai consiglieri regionali non rieletti sono andati 32, 6 milioni circa di euro di liquidazioni. Avvertiamo il lettore che avventurarsi nelle giungla d'aliquote, di clausole, di emendamentini bastardi che consentano di stimare esattamente il Tfr maturato complessivamente è una fatica di Sisifo. Però diciamo che, fino ad oggi, considerato che la cosa riguarda ben 709 consiglieri - alcuni dei quali di prima nomina, altri veterani - si possono osare calcoli indicativi. LA VIRTU' LUMBARD Nonostante Confindustria e Cgil abbiano chiesto più volte ai consiglieri regionali l'abrogazione dell'indennità, delle 14 proposte di legge per la riduzione dei costi della politica solo un testo dell'Idv contiene la cancellazione del cosiddetto “reinserimento”. Sostiene con onestà Davide Boni, leghista, presidente del Consiglio regionale lombardo nonchè presidente della conferenza dell'assemblea legislativa delle Regioni : «Sui vitalizi e i Tfr non so dire se costano troppo o troppo poco. Ma so che noi li abbiamo cancellati, che variano di regione in regione, a seconda dell'anzianità e della funzione. In Lombardia la trattenuta media nello stipendio per il Tfr è circa di 800/900 euro al mese, una annualità per ogni legislatura compiuta. Un consigliere che non viene né rieletto né candidato col tfr porta di media a casa 70mila euro nette (120mila lordi, onnicomprensivi)...E' sbagliato il meccanismo, non la trattenuta in sé: una volta che entri nel giro prendi soldi finchè campi. Poi c'è il cumulo: se uno fa il consigliere regionale per due mandati; poi il parlamentare per due mandati; poi l'eurodeputato per due mandati ha il cumulo di tutti i vitalizi. E va a finire che arrivi a una media di 8mila euro al mese, e, col tempo possa guadagnare a volte più di un consigliere in attività». Il che è paradossale. Com'è paradossale la modifica che ogni regione fa della regola base: in media, un consigliere regionale percepisce una “indennità di fine mandato” equivalente a un anno di stipendio ogni cinque anni di attività. Un calcolo non previsto nemmeno per i dirigenti d'azienda di lungo corso. La media nazionale dell'assegnino è di 100mila euro lordi. Ma può accadere che un deputato del Parlamento siciliano riceva una cifra pari all'80%dello stipendio mensile per ogni anno di attività. Lo stipendio del suddetto siciliano, in media, è di 22.000 euro netti al mese; sicchè, dopo una legislatura di 5 anni, può percepire 88mila euro netti, dopo 2 legislature circa 176mila euro, dopo 3 oltre 260mila euro netti». Magie dell'Ars.  Più che l'acronimo di Assemblea Regionale Siciliana è l'arte di render facondo un istituto culla di scandali ed ingiustizie retributive. «Sono i privilegi delle Regioni a Statuto Speciale» continua Boni «le faccio un esempio. Io in una regione di 10 milioni di abitanti che produce il 21% del Pil nazionale, prendo 10,5 mila euro al mese netti; il presidente Lombardo in Sicilia – conta la metà degli abitanti - ne prende 16,5 mila....». Altra buona notizia: anche il Veneto di Luca Zaia ha fatto atto di coscienza. Dal primo gennaio 2012  l'indennità di funzione corrisposta ai consiglieri della laguna subirà un taglio del 25%. Si tenga conto che il loro premio di consolazione va da un minimo di 9.362,91 euro per chi è stato a Palazzo Ferro Fini per un anno a un massimo di 93.629,10 euro -il caso dell'ex presidente Galan-  solo nel 2010 di buonuscite e pensioni la Regione pagava oltre 24 milioni. Se la passano meglio in Friuli: l'indennità di fine mandato è pari all'ultima mensilità dell'indennità di presenza lorda moltiplicata per ogni anno di mandato. Cioè 53.223,65 euro per una legislatura, 106.447,3 per due, 159.670,95 per tre; il Friuli ha accantonato l'anno  scorso 3 milioni per rifondere dell'eventuale non rielezioni i  consiglieri. I consiglieri piemontesi, invece avevano provveduto a raddoppiarsi il salario, al punto, il Natale scorso, da suscitare il grido di «Vergogna! Predicare che bisogna trovare risorse e poi raddoppiarsi la liquidazione».  GRIDA IL CARDINALE La media del Tfr piemontese è di 85mila euro netti a legislatura: è tra i più alti d'Italia e pari a due mensilità per ogni anno di mandato. La liquidazione è proporzionale al numero di anni trascorsi in Consiglio: se un consigliere lascia dopo tre mandati incassa 257.312 mila euro. Puliti. Simile il trattamento per i consiglieri della Puglia: percepiscono 80mila euro netti a legislatura. É la vera realizzazione, in pratica del federalismo: ogni Regione può ritoccare in piena autonomia il privilegio. Certo, poi ci sono Regioni con sussulti di dignità. In Emilia Romagna il Tfr corrisponde a un assegno da 7.691 euro moltiplicato per ogni anno di attività: 38.455 euro dopo una legislatura. In Calabria sono solo 21.920 euro medi. In Basilicata ciascun consigliere versa mensilmente quota pari al 5,50% dell' indennità di carica (434,50 euro). A fine mandato riceve l'assegnino. La cifra è pari all'ultima mensilità dell'indennità consiliare lorda, moltiplicata per ogni anno di effettivo esercizio del mandato. Un ginepraio milionario. Poi ci sono i vitalizi. Ma questa è un'altra storia... di Francesco Specchia

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