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Doni dal carcere: La fuga? Avevo paura di ladri in casa

Il capitano dell'Atalanta si sfoga in carcere: "Al momento dell'arresto non scappavo. Dovevo andare in galera per far segnare Peluso..."

Giulio Bucchi
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Non una fuga dalla polizia, ma dai ladri che temeva stessero entrando in casa sua. Cristiano Doni, spiega così la dinamica del suo arresto all'assessore regionale Daniele Belotti e al deputato leghista Giacomo Stucchi, che sono andati a trovarlo nel carcere di Cremona dove il capitano dell'Atalanta è rinchiuso da lunedì perché coinvolto nell'inchiesta sul calciscommesse. Come riferisce il sito Bergamonews, Doni aveva la barba incolta, i pantaloni della tuta (gli stessi indossati al momento dell'arresto), un giubbetto di pelle ed era visibilmente emozionato, in lacrime. "Mi hanno riferito quanto scritto sui giornali: che sarei scappato. Non è vero. Ho temuto che fossero i ladri, allora ho provato ad allontanarmi dall'ingresso. Ero in pigiama. Ma non volevo di certo scappare", ha detto il 38enne a Stucchi. "E' preoccupato di quel che possono pensare i tifosi, è preoccupato per la moglie e la figlia – aggiunge Stucchi -. Non vogliamo in nessun modo scendere nel merito delle indagini, ci basta capire come sta. E' trattato molto bene, come tutti gli altri detenuti, ma è sotto un treno". In carcere Doni ha trovato anche il modo di scherzare un po'. Venuto a sapere dagli altri detenuti che la sua Atalanta in campionato ha vinto 4-1 sul Cesena, ha sorriso: "Dovevo andare io in galera perché segnasse Peluso".

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