Monti ci uccide di tasse poi assume gli statali
Dove vanno i nostri soldi: il governo dei prof vuole imbarcare 12.500 insegnanti e 400 forestali. L'esatto contrario di quel che dovrebbe fare
Un maxi concorso nella scuola pubblica per 300mila persone entro il 2012. Messa così, l'annuncio del ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, sembra una manna scesa dal cielo, una roba da presepe, che ci fa già sentire in pieno clima natalizio. L'immagine di Babbo Natale Profumo che ci fa trovare sotto l'albero migliaia di posti di lavoro nuovi di zecca, però, svanisce in fretta se pensiamo al Senato c'è una bella manovra correttiva in via di approvazione che ci regala per i prossimi tre anni, al netto della stangata sull'Iva, 44,1 miliardi di nuove tasse a fronte di soli 18,2 miliardi di tagli. L'idea di sborsare altri quattrini pubblici per assumere nuovi statali mentre il governo è costretto a tassare pure i libretti di risparmio postali e le sigarette pur di far tornare i conti non è proprio entusiasmante. Tanto più che solo qualche mese fa la tanto contestata ex ministra Maria Stella Gelmini ha fatto i salti mortali per imbarcare nei nostri istituti scolastici, con l'accordo dei sindacati (tranne, ovviamente, la Cgil) 66mila lavoratori (di cui 30mila insegnanti) prendendoli dalle liste dei precari e senza incidere sui saldi dei conti pubblici. Certo, Profumo non ha torto quando spiega che da «13 anni non ci sono più concorsi pubblici» e che «questo è un tema su cui lavorare». Ma cosa diversa è dare la sensazione che il prossimo anno centinaia di migliaia di giovani potrebbero diventare dipendenti dello Stato. Lo stesso ministero dell'Istruzione si è affrettato a precisare che di posti liberi, soprattutto dopo l'aumento dell'età pensionabile previsto in manovra, se ne prospettano non più di 20-25mila l'anno. Di questi 12mila e 500 verranno coperti attingendo dalla graduatorie permanenti ad esaurimento mentre altri 12mila e 500 posti disponibili verranno assorbiti attraverso il concorso. Anche in questi termini, però, l'annuncio del ministro sembra un po' avventato. L'intenzione di Profumo è quella da un lato di smaltire il «precariato storico» e dall'altro dare una risposta ai giovani che non sono riusciti ad entrare nelle graduatorie, «ma si sono formati per fare gli insegnanti». Il problema è che in Italia, malgrado una diminuzione del 5% quest'anno con le assunzioni della Gelmini, lo stock di precari che si è accumulato nei decenni con scelte dissennate del legislatore ammonta ancora a circa 240mila unità (il 12,9% degli insegnanti). E che, come dicono anche i sindacati, riaprire i concorsi senza effettuare un monitoraggio dettagliato dei posti disponibili rischia solo di aumentare ancora di più la schiera degli abilitati senza cattedra. Resta, poi, tutta da verificare l'esigenza di nuovo personale. È vero che su alcune specializzazioni le graduatorie di precari sono praticamente esaurite ed è vero anche che l'Italia è uno dei Paesi che spende meno complessivamente per la scuola, ma il quadro disegnato dal confronto internazionale ci dimostra che i problemi sono altri. Sfogliando l'ultimo rapporto Ocse del settembre scorso (su dati 2008-2009) si scopre, infatti, che in Italia c'è un insegnante ogni 10,7 alunni nella primaria contro una media internazionale di 16, uno ogni 11 nelle secondarie (media Ocse 13,5) e una media generale di 21,5 contro 23. Anche sulla spesa, quella complessiva in rapporto al pil è del 4,8% rispetto alla media Ocse del 5,9% e alla media Ue del 5,5%. Il rapporto si ribalta, però, nella spesa per studente, dove in Italia in media è di 9.149 dollari l'anno per tutto l'arco scolastico rispetto agli 8.831 dell'Ocse e gli 8.702 dell'Europa. Dato che, se incrociato con quello sugli investimenti privati, dovrebbe far riflettere il nuovo governo tecnico, per ora assai avaro sul fronte liberalizzazioni. La quota di spese non pubbliche sul totale dei costi dell'istruzione in Italia è dell'8,6%, molto inferiore sia al 16,5% della media Ocse sia al 10,9% di quella europea. di Sandro Iacometti