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Pansa: Chi critica il premier gioca soltanto allo sfascio

Quelli che attaccano il premier sembrano disposti a tutto pur di abbattere l'avversario. Un vizio antico che può costare caro all'Italia

Giulio Bucchi
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Ha sbagliato indirizzo Silvio Berlusconi quando ha dato del disperato al premier Mario Monti. Doveva spedire il suo telegramma carico di rancore a milioni di italiani assai meno potenti. Aveva i mezzi per farlo, a cominciare dalla perfetta conoscenza dello stato d'animo di tantissima gente. Persone di tutti i ceti  e di ogni colore politico.  Cittadini che da quando è venuta alla luce la pesantezza della crisi economica hanno perso le speranze di salvare quel poco di tranquillità che il lavoro onesto, il risparmio e le tasse pagate con fedeltà gli avevano concesso. Appena qualche mese fa, il Cavaliere aveva garantito che l'Italia era il paese più solido e prospero in Europa. I ristoranti erano pieni di clienti, i voli in aereo tutti prenotati, i week end vedevano migliaia di automobilisti andare all'assalto di mare e montagna, nei negozi non si poteva entrare per la ressa di chi voleva comprare, comprare, comprare. Anche il lavoro non era a rischio e i giovani l'avrebbero trovato anche loro, bastava fare un tantino di lista d'attesa. Come definirlo un leader politico che parla in modo così avventato? Un bugiardo, mi verrebbe da dire. Ma dal momento che, con l'età, ho imparato a misurare le parole, dirò soltanto che Berlusconi si è comportato da politicante, alla stregua di tanti suoi colleghi meno famosi e potenti. Quando la storia giudicherà il Cavaliere, come farà con tutti noi, tra i primi capi d'accusa ci sarà quello di aver mentito al proprio paese. Da Palazzo Chigi sentiva venir giù la baracca e lui cercava di convincerci che i muri reggevano: condannato! Grazie al governo Monti, e al sostegno decisivo ricevuto dal capo dello Stato, adesso almeno sappiamo di che morte potremmo morire. E soprattutto che cosa dobbiamo fare per non tirare le cuoia e per salvarci. Monti ha già replicato al Berlusca di non sentirsi per niente disperato. Ma questo non fermerà il lavorio di quanti vorrebbero la fine istantanea dei Professori. Per sostituirli con quale altro governo? Nessuno lo sa. L'unica risposta è: «Prima sfasciamo la squadra dei tecnici, poi vedremo». Non è una risposta priva di senso dal punto di vista di chi gioca allo sfascio. In molti anni di lavoro da cronista politico, di sfasciatori ne ho visti all'opera davvero tanti. Li chiamavamo gli sfascisti, di volta in volta democristiani, comunisti, socialisti. Distruggere senza costruire nulla, o preoccuparsi di che cosa fare delle macerie, è sempre stata la malattia senile delle democrazie deboli o malate. Oggi vediamo all'opera una nuova versione di questo virus: un mostriciattolo che tuttavia non è senza volto. Anzi ne presenta più di uno. Il primo volto è quello di Berlusconi. Mi dispiace dover riparlare di lui. Ma il Cavaliere è un replicante di se stesso che si ripresenta sempre e con i medesimi vizi. È un vecchio signore che non dovrebbe più nutrire velleità politiche. Invece, dopo qualche settimana di pausa, ha deciso di ritornare sulla scena. L'insulto scagliato contro il nuovo premier la dice lunga sulla vocazione a sfasciare tutto ciò che non si piega al suo controllo. Dunque prepariamoci al peggio. Gli sfascisti in seconda sono raccolti nella Lega. Le truppe di Bossi hanno scelto di rimettersi la vecchia divisa da barbari: niente governo, soltanto lotta, propaganda, fracasso. Ho provato un disgusto profondo nel vedere le gazzarre organizzate al Senato e alla Camera dai parlamentari del Senatur. Non si rendono conto di essere grotteschi e pericolosi. Pensano che trasformare il Parlamento in una piazza del mercato sia un atto di buona politica. In grado di portargli qualche voto in più. L'incoscienza, unita all'ignoranza, obbliga il vertice leghista a spararle sempre più grosse. L'avete sentita l'ultima? Venerdi, l'ex ministro Roberto Calderoli ci ha avvisati di una decisione storica: “Chiederemo all'Onu l'autodeterminazione della Padania!”. Invece dei caschi blu delle Nazioni unite, forse sarebbe meglio invocare l'intervento di un'ambulanza. Giocano allo sfascio anche i malpancisti del centrodestra. Sono i parlamentari che hanno accettato a denti stretti la necessità di appoggiare un governo tecnico. Dal momento che non esisteva un'altra via per evitare il collasso del Paese. Era una decisione obbligata, ma pur sempre di buon senso. Però sono bastate quattro settimane per spingerli sulla strada del pentimento. Venerdì sera, nel voto alla Camera sulla manovra, ben settanta deputati del Pdl erano assenti. Forse avevano soltanto anticipato il week end. O forse volevano mandare un pizzino minaccioso a Monti e ai suoi ministri. Propendo per la seconda ipotesi. La Casta politica è zeppa di incoscienti che se ne fregano dell'interesse generale. Poi i nostri onorevoli si lamentano se al bar del loro paese in molti li guardano storto. Scherzano con il fuoco, giocando allo sfascio, anche non pochi media. Qui devo stare attento a come parlo. Sto sul terreno minato della stampa e della tivù. Tutti siamo liberi di scrivere o dire come la pensiamo. E devo ringraziare Libero, a cominciare dal direttore e dall'editore, che mi consente di esprimermi come mi pare e piace. Eppure ho una domanda da fare per l'ennesima volta a quanti nei media combattono il governo Monti. È una domanda che mi presentano di continuo molte persone che seguono preoccupate lo sviluppo della crisi italiana. Questi cittadini senza potere chiedono: a che serve gufare contro i Professori? Se Monti e i suoi ministri fossero costretti a gettare la spugna, quale via d'uscita ci sarebbe di fronte al disastro di un altro governo, dopo la dissoluzione del centrodestra? E quanto potremmo preservare della nostra tranquillità sociale, dei nostri risparmi, delle nostre certezze di trovare una difesa dall'inferno che ci aspetta appena fuori dall'uscio di casa? Conosco la risposta di qualche gufo eminente. Una via d'uscita c'è: sciogliere il Parlamento e andare subito a elezioni anticipate. In un Bestiario precedente ho già spiegato che cosa accadrebbe se si andasse a votare sotto l'urto della depressione che squassa l'Italia. Non voglio ripetermi. E userò una sola parola: il caos. In tutte le sue versioni: politico, economico, sociale. Un caos reso ancor più pericoloso dal fatto che le urne potrebbero rivelarci che non esiste alcun vincitore. Per questo non capisco il gufare di tanti gufi. Mi sembrano intenti a segare il ramo sul quale anche loro stanno seduti. Se il ramo dovesse spezzarsi, precedendo di poco la caduta dell'albero, non so quale sorte avrebbero i media che le provano tutte per spiantare il governo Monti. Resterebbero in piedi o finirebbero anche loro nell'abisso della catastrofe? La storia dell'Europa è piena di esempi in proposito. Quanti partiti, quanti eserciti, quanti regimi, quanti leader hanno percorso con ostinazione, e sino all'ultimo minuto, un vicolo cieco. Incapaci di comprendere che sarebbe stato l'inizio della loro fine. Lasciamo che sia la signora Merkel a darci il colpo di grazia, se ci riesce. Non mettiamoci da soli il cappio al collo.   di Giampaolo Pansa

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