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Scilipoti: difendo il popolo da Monti e candido la Tommasi

Il responsabile "re dei peones": "Il premier non rappresenta gli italiani. Fini mi odia e me la vuole far pagare..."

Giulio Bucchi
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Mimmo detto Scilly, al secolo Domenico Scilipoti, sposato, due figli, messinese, classe '57, non è solo il re dei peones. Lui è stato tutto e il contrario di tutto: berlusconiano e dipietrista, ginecologo e agopunturista, medico allopatico e omeopatico, barbiere, vivaista, pianista e pure tassinaro. Ironia (o sarcasmo) della sorte, proprio lui che è assurto a emblema del Supermarket Montecitorio, il 14 dicembre 2010, quando si trasferì armi e bagagli dalla casa di Tonino Di Pietro a quella del suo peggior nemico salvando in corner il governo Berlusconi, oggi è diventato l'alfiere unico del Parlamento, che difende a spada tratta contro il governo dei tecnocrati. Scilipoti è l'unica nota di colore, oltre al verde Lega, della Repubblica della austerity. Oltre al salto della quaglia, rimarranno negli annali di Montecitorio le sue epiche sgommate tra gli scranni con cravatta al vento mentre corre a votare in zona Cesarini. L'ultima chicca di Mimmo, a beneficio dei cronisti, è stata la fascia nera legata al braccio il 17 novembre scorso, quando il governo Monti ottenne la fiducia bulgara della Camera. È uscito dal lutto stretto? «No, la democrazia è morta e ancora non è resuscitata. La fascia nera ormai ce l'ho cucita dentro». Non le secca di passare alla storia come «la puttana di Montecitorio»? «No, perché io ho avuto la forza di ribellarmi agli interessi di bottega per il bene del Paese». Proprio lei, l'onorevole venduto per antonomasia. «Io ho sempre difeso il Parlamento e lo difenderò, a prescindere da chi c'è a Palazzo Chigi, dagli attentati alla democrazia popolare. C'è una differenza tra me e gli altri che osteggiano Monti». E qual è? «Io non voto contro né a favore perché il governo Monti non lo riconosco proprio. Per me è illegittimo. Per questo non ho partecipato al voto di fiducia, altrimenti l'avrei legittimato. Per me l'unica sovranità legittima oggi è quella del Parlamento». Allora perché ce l'ha tanto con il presidente della Camera? «Trovo profondamente sbagliato il complotto che Fini ha messo in atto con Casini e Bersani per far saltare il governo Berlusconi». Complotto che lei ha mandato a monte con il suo drappello di «Responsabili». «L'avrei fatto in ogni caso, chiunque fosse stato al governo. Mi spiace che Fini mi serbi rancore». Sta dicendo che Fini la redarguisce in aula per vendetta? «L'atteggiamento che lui ha nei confronti del personaggio Scilipoti fa venire fuori tutto il suo astio. Lui, Casini e Bersani non hanno avuto la forza di presentare un governo alternativo, ma hanno permesso che l'Italia fosse commissariata da un governo che non ha un mandato popolare. È stato proprio il presidente della Camera a delegittimare il Parlamento». Ha fatto pace poi con Fini? «No. Gli ho mandato in omaggio una copia del mio libro, ma non ho mai avuto risposta». E con Di Pietro ha più parlato dopo la fuoriuscita dall'Idv? «No, ma non ce l'ho con lui. Anzi, trovo ingiuste le accuse di chi ritiene che ci sia lui dietro Barbato che ha filmato di nascosto i colleghi in aula per poi dare le immagini a La7». Quando ha preso la parola in aula per difendere il suo ex leader tutti hanno pensato che ora Scilipoti torna con l'Idv. «No, il mio leader resta Berlusconi». Ma lei non ritiene di aver tradito Tonino? «No. Tradire significa assecondare le scelte di un capo bastone, anche quando queste vanno contro gli interessi del Paese. Non posso fare il servo sciocco di chi mi ha messo in lista. Molti per delegittimare San Paolo dicono che fu colto da crisi epilettica e non folgorato da Dio sulla via di Damasco». E lei com'è stato folgorato sulla via di Arcore? «La mia non è stata proprio una folgorazione. Io vivevo da tempo un profondo malessere nell'Idv, già prima del fatidico 14 dicembre 2010 avevo espresso 450 voti in dissenso dal partito. Io sono stato perseguitato nell'Idv perché sono un cristiano, a differenza del capogruppo, che è un ateo e vede come il fumo agli occhi tutti gli uomini di fede». Quando ha conosciuto Berlusconi? «In Parlamento. Ci siamo ritrovati a parlare delle criticità delle banche e tra noi è scoppiato l'amore». Quanto le ha dato il Cav per indurla al salto della quaglia? «Zero. La mia è stata una motivazione ideale. Quando si vede che il proprio partito va nella direzione opposta rispetto all'interesse del Paese bisogna avere il coraggio di rompere, come fece Saragat nel '47 quando spaccò il Partito socialista perché era contrario alla sua alleanza col Pci e fondò il Psdi». Eppure dicono sia stato Berlusconi a foraggiare il suo Movimento di responsabilità nazionale. «Pago tutto di tasca mia. Se qualcuno ha documenti che dimostrano che Scilipoti ha preso soldi da Berlusconi li consegni alla magistratura, venga arrestato chi si vende e si butti via la chiave. Oggi noi e il Pdl siamo su posizioni diverse rispetto al governo, ciò dimostra che non c'è subalternità». Alle elezioni lei si candiderà o si alleerà col Pdl? «Cercherò di contribuire alla vittoria del centrodestra, ma vorrei presentarmi con una mia lista». Nella sua lista candiderà anche Sara Tommasi, la show girl habituée a casa Berlusconi, che recentemente si è esibita in uno strip tease davanti a un bancomat per protesta contro le banche? «Non lo escludo, ma io non c'entro niente con quel video. Non escludo che la Tommasi un domani possa entrare nel mio partito. Abbiamo parlato più volte di banche e ho notato che lei, che è laureata in Economia e commercio, è molto competente». È vero che è stato il Cav a presentargliela? «Sono falsità messe in giro perché sto facendo la guerra al governo». Con Monti ha mai parlato a tu per tu? «No. Gli ho scritto una lettera per ricordargli gli impegni assunti dal governo precedente con le imprese e la famiglia, ma sono ancora in attesa di risposta». Le rode che il premier la snobbi? «No, perché io non lo riconosco come presidente del Consiglio. Non essendo espressione del popolo, non può arrogarsi il diritto di rappresentare gli italiani». Lei ha detto che questo è «un governo massone e pro-gay». Perché ce l'ha tanto con gli omosessuali? «Non ce l'ho con loro, ma è evidente che questo governo favorisca i single. E poi non si può negare che il rapporto tra gay sia anomalo». Intende contro natura? «Da medico ginecologo, mi risulta difficile comprendere il rapporto anale tra due uomini. Io non ci vedo un atto d'amore». Quindi è stata la ginecologia a ispirare la sua omofobia? «Sicuramente il mio lavoro e i miei studi mi hanno influenzato. Ma in me incide molto anche il fatto di essere cristiano». Lei è un cattolico praticante? «Vado in chiesa tutte le mattine, dico due preghiere quando mi sveglio e prima di addormentarmi e mi faccio il segno della croce a colazione, pranzo e cena». Ma che c'azzecca la ginecologia con l'agopuntura? «Tutto è interconnesso, tanto più nella salute. Io ho integrato la medicina allopatica con quella olistica, sperimentando che il mix può dare risultati in più. All'università di Messina sono il pioniere dell'analgesia con agopuntura nell'intervento di raschiamento dell'utero, che provocò i mal di pancia di qualche barone. Il secondo scontro che ho avuto col mondo accademico fu quando diedi al professor Luigi Di Bella la possibilità di presentare all'università la sua relazione sulla multiterapia biologica. L'ordine dei medici tentò di sospendermi». Quali sono stati i suoi pazienti più naif? «Io mi sono occupato pure di oncologia clinica, ho spesso utilizzato protocolli non convenzionali anche in campo oncologico riuscendo in molti casi ad allungare la vita con la medicina naturale. I pazienti malati di tumore sono quelli che mi hanno segnato più in profondità, anche politicamente. Io sono sceso in campo per aiutare il cittadino malato, conducendo una grande battaglia anche nel campo della prevenzione, soprattutto dei tumori. Nel mio studio i pazienti affetti da neoplasie non hanno mai pagato». Lei ha sviluppato nuovi talenti da deputato. Mimmo Scilipoti, detto «lo Chopin di Montecitorio» per le sue doti di pianista. «Non ho mai fatto il pianista». Ci sono le foto. «In quella foto si vede chiaramente che il collega Porfidia era accanto a me. Lui allungò la mano per votare ma aveva difficoltà a raggiungere il pulsante perché era nello scranno sotto al mio». Che mestiere sognava di fare da piccolo? «Sono sempre stato appassionato di medicina. Ma, avendo perso mio papà a 14 anni, ho dovuto lavorare per pagarmi gli studi: ho fatto l'apprendista barbiere, il vivaista, e a 18 anni il tassista per quattro anni». La sua prima cotta? «Io facevo la terza media, lei la seconda». Un amore corrisposto? «Sì, ma non come si intende oggi. Noi ci scrivevamo bigliettini d'amore e ci mandavamo i bacetti da lontano. Era meraviglioso». di Barbara Romano

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