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Messina Denaro ora è isolato Arrestato sindaco antimafia

I cariabinieri hanno arrestato undici persone vicine al superlatitante trapanese. In manette anche il sindaco della roccaforte mafiosa

Nicoletta Orlandi Posti
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Si stringe il cerchio attorno al boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro, ricercato   dalle forze dell'ordine dal 1993. Ieri mattina i carabinieri del Ros con undici arresti hanno decapitato la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, roccaforte di Messina Denaro, accertando la presunta contiguità del sindaco, Ciro Caravà, accusato di associazione di tipo mafioso. Le indagini, avviate nel 2006 e coordinate dal procuratore aggiunto Maria Teresa Principato e dai sostituti Marzia Sabella e Pierangelo Padova, hanno permesso di definire responsabilità e complicità, anche di insospettabili, accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa ed intestazione fittizia di beni. Ricostruita peraltro, nell'ambito della cosca di Campobello di Mazara, storicamente una delle più attive del mandamento di Castelvetrano, la conflittualità tra due opposti schieramenti riconducibili rispettivamente all'anziano boss Leonardo Bonafede e a Francesco Luppino, di recente arrestato nell'ambito dell'operazione "Golem", ritenuto uno dei fiancheggiatori del superlatitante trapanese. Importanti elementi sono stati acquisiti riguardo alle modalità di controllo delle attività economiche e produttive del territorio, attraverso la gestione occulta, da parte di Cosa nostra campobellese, di società ed imprese in grado di monopolizzare il mercato olivicolo e altri settori dell'economia. Accertati collegamenti, ritenuti gravemente indiziari del sindaco di Campobello di Mazara, Ciro Caravà, considerato "l'espressione politica" del clan.   Nel corso dell'operazione, oltre al capo della "famiglia mafiosa" campobellese Bonafede, detto "u zu Nardino", è stato arrestato Filippo Greco, da tempo trasferitosi a Gallarate, considerato uno dei principali finanziatori e "consigliere economico" dell'organizzazione. Misure cautelari, inoltre, nei confronti di Cataldo La Rosa e Simone Mangiaracina, considerati il "braccio operativo" del capo della famiglia mafiosa, a favore del quale organizzavano riservati incontri, eseguivano gli ordini più svariati e controllavano le attività economiche che si svolgevano sia nel settore edile e sia, soprattutto, nel mercato olivicolo, occupandosi anche del sostentamento degli associati detenuti. Destinatari dei provvedimenti cautelari sono inoltre Calogero Randazzo, già condannato per mafia, Gaspare Lipari, accusato di avere svolto la funzione di "collegamento" tra il sindaco ed il capomafia Bonafede, Vito Signorello, anche egli condannato per mafia, e che, ritornato in libertà, si è messo a disposizione dell'anziano boss. Sequestrata un'impresa olivicola, riconducibile al clan, del valore di circa 2 milioni di euro.

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