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Casta rinvia il taglio degli stipendi

Governo: "Subito la revisione in rispetto a prerogative". Passa tutto all'aula: tempi lunghi e i bonus non si toccano

Giulio Bucchi
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Il governo e il parlamento, "ciascuno nell'ambito delle proprie attribuzioni, assumono immediate iniziative", per la revisione degli stipendi dei parlamentari. Lo annuncia un emendamento alla manovra presentato dal governo, alla vigilia del suo approdo alla Camera in attesa della fiducia di sabato. Un proclama alto nel significato, ma ancora nebuloso nei contenuti. L'unica cosa certa, per ora, è che i tempi si allungheranno perché i tagli non si faranno con il decreto salva-Italia, ma rispettando le tempistiche del Parlamento. Altra grana: sono gli stessi parlamentari ad aver annunciato tagli. Tagliare sì, ma per non cambiare nulla. Trucchetto europeo - Il trucchetto della Casta ormai è scoperto: gli onorevoli dicono no alle sforbiciate del governo Monti alle indennità parlamentari proponendo loro per primi di adeguarsi alle "tariffe" dei colleghi europei. Proprio qui sta l'inghippo: perché la differenza in Italia non la fa lo stipendio in sé, ma i lauti rimborsi spesi. Se l'indennità è pari a 5.486 euro (in linea con la media dell'unione europea), la busta paga netta arriva a circa 12.000 euro grazie ai fondi messi a disposizione dallo stato per assistenti, congressi, eventi politici. Si parla di quasi 4.200 euro a testa, senza contare il gettone per ufficio di presidenza e incarichi nelle commissioni. Sono queste integrazioni ad arricchire la Casta, che per placare la sete di equità degli italiani (e in parte del governo tecnico) si gioca invece la carta dei tagli all'indennità vera e propria. Qualche centinaio di euro, a conti fatti. Nessuno però osi toccare i 3.500 euro al mese di diaria per il soggiorno nella Capitale, i 4.190 euro al mese per pagare eventi politici, segreteria e i "rapporti con gli elettori", più i 3.000 euro all'anno per le spese telefoniche e i rimborsi per i trasferimenti da e per l'aeroporto, con viaggi e trasporti rigorosamente gratis. Anche all'estero queste spese non sono a carico dell'onorevole. Semplicemente, gestisce tutto la segreteria del Parlamento, garantendo una maggior trasparenza. Proprio quello che, almeno apparentemente, la Casta italiana non vuole.   Pensioni privilegiate - C'è poi il capitolo previdenza. Rispetto a Francia, Germania e Gran Bretagna, deputati e senatori incassano un vitalizio triplo. Qualcuno è riuscito ad andare in pensione a 50 anni con una sola legislatura completa alle spalle, a 2.500 euro al mese. Ad altri, più fortunati, è bastato un solo giorno in Aula per accaparrarsi la pensione d'oro. Almeno su questo punto, gli onorevoli si sono dovuti adeguare alla manovra: dall'1 gennaio 2012 passeranno come tutti al sistema contributivo incassando un assegno da 2.300 euro al mese. Chi arriverà in Parlamento nel 2013 dovrà dire addio alle baby pensioni. Ecco perché in tempi di crisi far finta di tagliarsi lo stipendio potrebbe essere un buon compromesso.

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