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Asse Berlusconi-Sarkozy Scopo: far saltare Angela

Faccia a faccia tra Silvio e Nicolas: sul ruolo della Banca centrale europea dice quello che sostengo da tempo. Gelo con Merkel

Lucia Esposito
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La Jaguar si ferma di traverso davanti all'ingresso del Parc Chanot, si apre lo sportello ed esce Silvio Berlusconi. A destra, dietro la transenna, c'è un gruppetto di deputati del Pdl in delegazione qui a Marsiglia per il congresso del Ppe. A sinistra telecamere e giornalisti. Il Cavaliere si avvicina ai primi.  Scherza: «Avete visto che palle sono questi vertici internazionali?». Risate. Poi si avvia verso i secondi. L'ex premier ai taccuini spiega di «non aver mai avuto dubbi» sulla tenuta dell'Italia: «Noi siamo, sommando il debito pubblico alla finanza privata, il secondo Paese più solido d'Europa dopo la Germania e prima di Svezia, Francia e Gran Bretagna». Morale: «L'Italia è indebitata ma ha cittadini benestanti». È l'Unione Europea che preoccupa. Colpa della «rigidità» della Germania, che porta la «responsabilità» dell'aggravarsi della crisi. E ha causato «anche situazioni negative come per esempio la gestione del debito greco». I bliaterali del Cav  È gelo con la signora Merkel, mentre va un po' meglio con Sarkozy. Berlusconi, accompagnato da Angelino Alfano, tiene incontri bilaterali con il premier irlandese Enda Kenny, il commissario europeo Michel Barnier, il segretario della Ump Jean Francois Copé, il capogruppo de Ppe al Parlamento Ue Joseph Daul, il nuovo primo ministro spagnolo Mariano Rajoy. Poi ha inizio il clou di questo XX congresso del Partito popolare europeo, il vertice informale dei capi di Stato e di governo iscritti al movimento. Tra loro siede anche Berlusconi. Il presidente del Ppe Martens chiede un applauso ai leader europei per lui e per il greco Samaras, «generosi» nel fare un passo indietro per il bene dei propri paesi. A margine del vertice il Cavaliere si ritaglia un faccia a faccia con Sarkozy. Incontro che dà a entrambi l'opportunità di un chiarimento dopo la risatina di Bruxelles. Silvio è soddisfatto. Alla fine commenterà positivamente anche l'intervento di Sarkò in sessione plenaria: l'uomo dell'Eliseo è rinsavito, «dice adesso le cose che sostenevo io già un mese fa». È il clima generale che non piace a Berlusconi. Ai suoi europarlamentari riferisce: «Merkel e Sarkozy puntano a un'Europa a 17, questo sta generando una forte ondata anti-europeista. Rischia di saltare tutto». Anche l'asse franco-tedesco vacilla: raccontano che il presidente francese, ora favorevole a una Bce più forte nel ruolo di banca centrale, abbia alzato la voce con la Merkel nel corso della riunione dei leader: una testona.  Finito il vertice dei big, Silvio si concede ai suoi parlamentari in una saletta del Parc Chanot. Due-minuti-due di discorso («Purtroppo non siamo riusciti a trovare un accordo in seno al Ppe») e poi foto, battute e strette di mano. Nel frattempo è cominciato l'intervento di Sarkozy e c'è un piccolo caso: quando i pidiellini entrano nell'emiciclo per ascoltare i discorsi dei primi ministri trovano Buttiglione al posto di Alfano, quello accanto a Berlusconi. Il presidente dell'Udc viene invitato a sedersi altrove. E si offende. L'ici alla Chiesa Si fa pomeriggio: dopo aver sentito le parole di Sarkozy, Barroso e Merkel, il Cavaliere decide che è ora. Prima di andare via, parla della situazione italiana: «Senza fiducia è difficile che passi la manovra, ci sono tanti punti di dissenso». Un tavolo di coordinamento tra forze di maggioranza? Silvio frena: «I contatti avvengono nelle commissioni in modo chiaro e solare». Sull'ipotesi di tassare gli immobili della Chiesa l'ex premier lascia «libertà di decisione al partito», lui è scettico: «Il Vaticano usa le risorse per opere di bene». C'è tempo anche per una domanda sull'asta delle frequenze tv, faccenda che in Italia si sta surriscaldando ma il Cavaliere liquida con poche parole: «Temo che se ci fosse da fare una gara sulle frequenze potrebbe essere veramente disertata da molti. Per quello che ne so io - sottolinea riferendosi a Mediaset - c'è molta incertezza anche nell'azienda che fa capo a me ma di cui io non mi occupo». di Salvatore Dama

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