Ora Sarkozy fa il puritano Guerra contro le prostitute
L'Assemblea Nazionale ha votato una risoluzione che vieta il meretricio. Allo studio multe da 4mila euro e il carcere per i clienti
L'Assemblea Nazionale ha iniziato il percorso legislativo per rendere reato la prostituzione, sul modello svedese. Lo stesso Sarkozy, che da ministro dell'Interno è stato un iniziatore di questa crociata, ha riconosciuto che il mercato del sesso è «parte dell'eredità culturale francese». Dal quartiere a luci rosse più famoso del mondo di Rue Pigalle, ai quadri ambientati in bordelli di Henri de Tolouse-Lautrec, Edgar Degas e Pablo Picasso. La Marguerite Gautier della Signora delle Camelie, ispirata alla Marie Duplessis che Alexandre Dumas figlio aveva amato sul serio e a sua volta diventata la Violetta Valéry della Traviata di Giuseppe Verdi; la Fantine dei Miserabili di Victor Hugo; la Odette de Crécy della Ricerca del tempo perduto di Proust: non sono che alcune delle prostitute che la letteratura francese ha trasfigurato in eroine. E la stessa disciplina napoleonica sulle case di tolleranza rappresento il modello in cui tutta l'Europa dell'800 si ispirò, compresa l'Italia, e proprio come una delle condizioni imposta da Napoleone III a Cavour prima della Seconda Guerra d'Indipendenza, proprio per “tutelare” i soldati francesi. È vero che anche l'abolizione dei bordelli decisa da De Gaulle nel 1946 su pressione della consigliera comunale democristiana di Parigi nonché eroina di due guerre nonché ex-prostituta lei stessa Marthe Richard sarebbe stata da noi poi imitata in capo a 12 anni con la Legge Merlin. Tuttora in Francia si prostituiscono ogni anno 20.000 persone, per oltre l'80% donne. Il giro d'affari relativo sarebbe di 3 miliardi di euro, e i clienti rappresenterebbero almeno un ottavo della popolazione maschile. Ma da anni la pressione proibizionista che viene da sinistra in chiave femminista si incontra a quella che viene da destra in chiave Legge e Ordine. Perfettamente bipartisan è dunque l'iniziativa che la deputata socialista Danielle Bousquet e quello dell'Ump Guy Geoffroy hanno presentato all'Assemblea Nazionale per «riaffermare la posizione abolizionista della Repubblica Francese in materia di prostituzione e si colloca nel solco delle leggi contro il prossenetismo adottate nel 1946 e nel 1960». Non tutti sono ovviamente d'accordo. In Francia esiste un vero e proprio Sindacato dei Lavoratori del Sesso, lo Strass, che assieme ad altre associazioni martedì sera ha mandato alcune centinaia di manifestanti a sfidare il nevischio per protestare fuori da Palais Bourbon, mentre i deputati votavano. «Il sesso è lavoro», «non attentate alle libertà cittadine», era il tenore dei cartelli. «La criminalizzazione dei clienti non porrà termine alla prostituzione», ha detto al Nouvel Observateur il dirigente dello Strass Thierry Schaffauser. «Continueremo a lavorare, ma in peggiori condizioni. In un attacco contro i nostri mezzi di sussistenza che implica un abbassamento potenziale delle nostre entrate e un aumento del rischio di violenza, sfruttamento, contagio di malattie veneree, e soprattutto una stigmatizzazione discriminatoria ancora più accentuata». I sondaggi indicano che il 70% dei francesi è in favore della legalizzazione della prostituzione e il 63% contro questa legge. Ma l'Assemblea Nazionale, a alzata di mano, ha deciso di andare avanti. Il progetto di legge prevede di punire i clienti con pene fino a 3750 euro di multa e due mesi di carcere. Dovrà venire poi l'approvazione dell'Assemblea Nazionale e quella del Senato. I sostenitori della legge sostengono che nove prostitute su dieci sono vittime della tratta delle bianche e che l'80% delle entrate va alle mafie. di Maurizio Stefanini