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Alemanno assume un'ebrea Sinistra: Schiavo di Israele

Un giornale accusa il sindaco di Roma perché nel suo staff ha una giovane di religione ebraica che lavorò per Libero

Lucia Esposito
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Vietato avere una portavoce di religione ebraica. E neppure supporter tra i vertici della Comunità. A Roma c'è un quotidiano, si chiama “Cinque giorni”, che attacca il sindaco Gianni Alemanno perché ha nel suo staff una giovane donna ebrea. È un giornale gratuito, di 24 pagine, distribuito anche in un'edizione lombarda, fa opposizione e a volte ci riesce anche bene: dalla cronaca capitolina alla Regione, dalla nera allo sport. In fondo ci sono gli annunci immobiliari e l'oroscopo. Sfogliarlo è perfino piacevole. Però, da quando Ester Mieli è approdata dalla Comunità ebraica romana all'ufficio comunicazione del Campidoglio, “Cinque giorni” ha cominciato a martellare Alemanno con articoli del tipo “L'atteggiamento quasi servile del sindaco verso la comunità ebraica” (mercoledì 26 ottobre); “Per i fedelissimi di Alemanno c'è sempre un lavoro” (3 dicembre), e questo per citare solo gli ultimi in ordine di tempo. Articoli, spesso presentati sotto forma di “analisi” o “il caso”, che alla fine, dopo una serie di insinuazioni non proprio velate sui rapporti tra primo cittadino e responsabili del Ghetto, hanno costretto la povera addetta stampa a scrivere una lettera all'irriverente direttore della free press.«Sulle pagine della testata da lei diretta leggo a ripetizione articoli dedicati a me e alla mia attività professionale», inizia la missiva firmata Mieli. «Personalmente, sorrido all'idea di finire sulle prime pagine di un giornale semplicemente perché sono una persona di religione ebraica che lavora in un'istituzione pubblica e a dire il vero non ne capisco, dal punto di vista giornalistico, nemmeno la notizia». La lettera prosegue: «Pensi, caro direttore, tutte le mattine salendo le scale dal Campidoglio passo sotto la targa in memoria di quegli ebrei cacciati durante le leggi razziali e allora sa, non mi viene più da sorridere. Continuo a non capire che cosa c'entra la mia appartenenza alla Comunità e alla religione ebraica con il mio lavoro. Lo stesso sarebbe stato se io professassi altre confessioni? Che cosa c'entra la religione con la professione?» Per Giuliano Longo e Christian Poccia, rispettivamente direttore editoriale e direttore responsabile della testata, il problema non è l'eventuale promozione di Ester Mieli, assicurano, ma il sostegno che la lobby ebraica della Capitale darebbe al sindaco, passando attraverso le amicizie «interessate», e quindi anche mettendo in dubbio il lavoro della 35enne giornalista e mamma, colpevole di avere svolto l'incarico di portavoce di Riccardo Pacifici (presidente degli ebrei di Roma) prima di essere scelta al Comune per occuparsi dei rapporti con la stampa. Lo ha scritto chiaro lo stesso Longo in una delle sue ultime analisi politiche e ieri in risposta a Vittorio Pavocello, membro del Consiglio delle Comunità ebraiche italiane, che si è schierato in difesa della giovane. Per Longo il problema «sono i valori etici». È sufficiente», ribatte il giornalista di Cinque Giorni, «qualche viaggio in Israele o qualche pellegrinaggio in sinagoga perché un sindaco che appoggia Casa Pound si pulisca la coscienza?». La comunità ebraica sosteneva anche Walter Veltroni: supporta ogni amministrazione della città, e questo per il direttore della free press non va bene, soprattutto se poi il feeling con Pacifici e gli altri diventa più forte dei legami con il Vaticano. Solidarietà bipartisan da parte dei capigruppo capitolini per Ester Mieli, discriminata per la sua religione.    A proposito: Ester ha collaborato a lungo anche con noi di Libero. Ma nessuno le ha chiesto la sua religione prima di farla scrivere. di Brunella Bolloli

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