Pdl, rischio guerriglia in aula: Silvio vuol blindare il prof
Timori di emendamenti a raffica dagli ex An per bloccare Monti. Berlusconi vuol garantire il premier, appoggio da Pd e Colle
«Voglio passare da sopra». Chissà perché, ma per il ritorno alla Camera da deputato semplice Silvio Berlusconi decide di cambiare le sue abitudini. Non più l'ingresso in Aula dalla porta principale che dà sul Transatlantico, ma l'entrata dal retro, nel corridoio dell'infermeria, quello che permette l'accesso all'emiciclo dall'alto. E poi giù, per la scalinata che porta al suo nuovo seggio, tra Cicchitto e Alfano. L'opzione “Wanda Osiris”, tuttavia, offre all'ex presidente del Consiglio una panoramica deprimente dei banchi del Popolo della Libertà. Un intero settore vuoto, per lo più. Che andrà riempiendosi via via. Ma il colpo d'occhio basta per fare indispettire il Cavaliere: «Portatemi l'elenco degli assenti». Foglio che in una mezz'ora arriva nelle sue mani. Adesso Silvio siede e inizia ad ascoltare il discorso di Mario Monti. Si fa dare un blocknotes di quelli grandi. E prende appunti. Riempie una pagina. Poi due. Entra in aula Umberto Bossi accompagnato dalla deputata Francesca Martini. Il Senatur passa davanti a Berlusconi e tira dritto. Non un saluto, non un cenno di intesa. Freddezza. Distanza certificata anche dalle diverse reazioni al discorso del premier sulla manovra: la Lega che contesta, Pdl e Pd che ascoltano in silenzio rispettoso, il terzo polo che riesce finanche ad applaudire alcuni passaggi del professore. Monti cita Berlusconi due volte, in un caso lo chiama «presidente del Consiglio»: lapsus. Il bocconiano ricorda la lettera-programma firmata da Silvio e spedita all'Europa. L'uomo di Arcore ricambia applaudendo quando Monti dice che l'Unione adesso deve fare la sua parte per rispondere alla crisi dell'euro: l'Italia, con questo decreto, ha già dato tutto quello che poteva. Terza pagina del quadernone, poi la quarta. Berlusconi appunta le parole dell'oratore: «Questo governo avrà vita breve». Poi sorride amaro quando il primo ministro fa l'elenco di tutte le opere pubbliche pronte al taglio del nastro: «Tutta roba che abbiamo fatto noi», ricorda ai vicini di banco. Ma il clima ovattato dell'Aula non deve trarre in inganno (addirittura il democratico Cesare Marini solca l'emiciclo per stringere la mano a Fabrizio Cicchitto: «Bell'intervento, complimenti!»), non sono tutte rose e fiori. Anzi: «Questa manovra contiene diverse cose sulle quali noi non siamo aperti», ammette Berlusconi. Esempi? Quando Monti parla dell'Imu, Silvio intensifica la scrittura. Righe su righe. È chiaro che la reintroduzione della tassa sulla prima casa è un argomento tabù per il Pdl. Tema sul quale Berlusconi rischia di vedere spaccato il suo partito. Perciò, al fine di frenare i dissidenti, chiede al governo di blindare il provvedimento: «Devono porre la fiducia altrimenti non credo che ci sia la possibilità di approvare il testo», consiglia il Cavaliere. A pranzo l'ex premier riunisce i vertici azzurri a Palazzo Grazioli. E stamattina incontrerà i componenti dell'ufficio di presidenza del Pdl. Il decreto presenta degli aspetti «indigeribili». Troppe tasse. E troppi favori alle banche dal «governo dei banchieri». Gli ex An sono i più avvelenati. L'Imu suona come una bestemmia «Così non va, bisogna studiare delle esenzioni. Noi vogliamo proporre di detassare le case al di sotto dei cento metri quadrati e le famiglie numerose che vivono negli immobili piccoli», ragiona Ignazio La Russa in Transatlantico. I postmissini sono pronti a mettere tutto ciò nero su bianco, presentando emendamenti al testo del governo. Non solo loro. Anche il Pd sta eleborando le sue modifiche, per non parlare della Lega, che intende sfidare i partiti di maggioranza con emendamenti sui temi più sensibili: casa, tracciabilità dei pagamenti, patrimonio, pensioni. Fiducia allora. La proposta berlusconiana (che è, allo stesso tempo, anche una richiesta e un consiglio) per una volta sta bene ai vertici Pd e anche al Quirinale: Napolitano oggi firmerà il decreto Monti e vuole che sia convertito nel più breve tempo e senza polemiche. A Montecitorio il via libera potrebbe arrivare entro il 13 dicembre. Nel frattempo i vertici del Pdl traslocheranno a Marsiglia per il congresso del Ppe. Domani sera parlerà Angelino Alfano, giovedì toccherà a Berlusconi. Ma i due stanno valutando l'ipotesi dello scambio. A Silvio non va di arrivare nel giorno in cui tutti i capi di governo, Merkel in testa, si spostano a Bruxelles per l'Eurogruppo. di Salvatore Dama