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Il vero incubo azzurro è la Merkel

Pronte le condizioni del Pdl: sì alla stangata solo se Monti ottiene dalla Germania garanzie per l'euro

Andrea Tempestini
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Chi, per anni, ha fatto campagna elettorale con slogan come «meno tasse per tutti» e «non metteremo mai le mani nelle tasche degli italiani», adesso ha enormi problemi a mandare giù il rospo cucinato da Mario Monti. Il governo dei tecnici sta per servire al Parlamento una manovra basata in grandissima parte sull'incremento della pressione fiscale: aumentano le imposte sugli immobili, con il ritorno dell'Ici sulla prima casa e la rivalutazione degli estimi catastali; salgono le addizionali regionali Irpef; si prepara sin d'ora il balzo di due punti delle aliquote Iva a partire dalla metà del 2012; rincara l'imposta di bollo sui conti correnti e i depositi titoli, che diventa di fatto una mini-patrimoniale sui risparmi investiti. Di «quoziente familiare» o meccanismi simili, utili a rendere un po' più equo il carico fiscale, ovviamente nemmeno l'ombra. L'effetto recessivo di una simile manovra, vale a dire l'impatto negativo che essa avrà su investimenti, consumi e crescita economica, è cosa certa. Così ora il Pdl è chiamato ad approvare qualcosa che va contro tutto ciò per cui è nato. Dire che il partito di Silvio Berlusconi ha il voltastomaco è un eufemismo. La minaccia di blindare con la fiducia il provvedimento, già filtrata da palazzo Chigi nei colloqui informali degli ultimi giorni, anziché indurre alla rassegnazione accresce il senso di disgusto. Il resto della rabbia lo produce la concorrenza della Lega, che ha individuato nei tartassati del Nord, tradizionali elettori del Pdl, la propria nuova riserva di caccia. Persino sui tagli alla spesa il Popolo della libertà si trova in disaccordo con il governo al quale ha votato la fiducia. «Le donne, con la loro vita faticosamente distribuita tra casa, figli e lavoro, risultano pesantemente penalizzate» dalla riforma delle pensioni, avverte l'ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, che allo stesso tempo condanna «il generoso trasferimento al trasporto pubblico locale, uno degli ambiti più inefficienti e clientelari della gestione pubblica». Dinanzi al Pdl, però, Monti può vantare due punti di forza. Il primo è l'enorme ribrezzo che la manovra ispira al Pd e alla Cgil. Perché il governo dei tecnici non ha fatto sconti nemmeno a sinistra. La stangata di Monti sul Welfare è stata la migliore delle risposte possibili agli abitanti del paese delle favole che la sera delle dimissioni di Silvio Berlusconi erano scesi a festeggiare davanti al Quirinale, convinti che al posto dell'odiato governo del Cavaliere si sarebbe insediato un esecutivo equo e solidale. Vedere Susanna Camusso che implora Monti («non ci rovini la festa che pensiamo di dover fare perché l'altro governo è uscito») è una delle poche cose che in queste ore riesce a far tornare il sorriso ai pidiellini depressi. E comunque, goduria a parte, una manovra che scontenta anche gli avversari politici può essere digerita più facilmente di una manovra che picchia solo su una parte. L'altra leva che può aiutare Monti dinanzi al partito di Berlusconi è la cancelliera tedesca Angela Merkel. I massimi dirigenti del Pdl in questi giorni hanno avuto da Berlino segnali molto chiari sulla volontà del governo tedesco di staccare la spina all'euro e far saltare l'Unione europea, almeno quella monetaria. Secondo gli uomini vicini a Berlusconi, infatti, il veto della Merkel sulla trasformazione della Banca centrale europea in garante di ultima istanza per i debiti pubblici dei Paesi europei, e le altre rigidità del governo di Berlino, non sono dovuti alla necessità di imporre politiche di bilancio più rigide all'Italia e agli altri Paesi, ma alla precisa volontà di far saltare la moneta unica e “comprarsi”, pagando in marchi e a prezzi di saldo, ciò che resta dell'Europa. Confidando anche sul lassismo finanziario di molti Paesi europei, a partire dal nostro. Insomma, per quanto strano possa sembrare, molti nel Pdl oggi temono più che l'Italia finisca gambe all'aria per un crack dell'euro che di perdere consenso tra gli elettori approvando le tasse varate da Monti. Pure Pier Luigi Bersani, in fondo, esce a pezzi da questa storia: il nemico da sconfiggere, quello al quale non bisogna offrire alibi, non è lui, ma la cancelliera tedesca. Così nel partito di Berlusconi è tornata di gran moda l'espressione di Indro Montanelli. Sacconi è pronto a «turarsi il naso» e a votare i provvedimenti di Monti. Si augura però «che tutto ciò abbia la garanzia di un corrispettivo nella disponibilità degli altri partner europei, a partire dalla Germania, a proteggere l'euro con una strumentazione tempestiva e illimitata». Mentre Osvaldo Napoli, vicepresidente dei deputati pidiellini, dice che «va bene turarsi naso, orecchie e bocca» in Parlamento, ma avverte che la stangata di Monti sarà «inutile se non si scalfisce neanche di un millimetro il muro di “nein” eretto da Berlino». Per questo, anticipa una fonte a Libero, nelle prossime ore, probabilmente già oggi, in coincidenza con l'apparizione di Monti in Parlamento, il Pdl formulerà una precisa richiesta al Professore: gli azzurri, che saranno chiamati a votare la manovra il 16 dicembre nella Camera e intorno al 22 in Senato, diranno sì alla stangata solo se Monti tornerà dal vertice tra i capi di Stato e di governo che si terrà a Bruxelles l'8 e il 9 dicembre «con una chiara strategia che ci copre nei confronti dell'Europa, insomma con le garanzie che la Germania non renderà inutili i sacrifici che stiamo per chiedere agli italiani». È questo il prezzo che il Pdl chiederà per turarsi il naso, rinnegare il proprio credo e assumere la responsabilità di scelte impopolari che non condivide. di Fausto Carioti

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