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La verità sul taglio al vitalizio Sì di Schifani e Fini a Monti

Sulla riforma delle pensioni di onorevoli e senatori nessuna scelta autonoma: è stato un diktat del governo

Lucia Esposito
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C'è voluto qualche giorno, ma alla fine la storia vera è uscita fuori. E ora che il puzzle è ricomposto tutti i pezzi acquistano senso: l'improvvisa riforma dei vitalizi dei parlamentari annunciata martedì 29 novembre da Gianfranco Fini e Renato Schifani dopo un irrituale colloquio con il ministro Elsa Fornero, il seguente annuncio del governo di voler introdurre il sistema contributivo per tutti gli italiani, l'ansia con la quale si è cercato di far passare la linea della «autonoma scelta» del Parlamento. In realtà, come vedremo, la riforma dei vitalizi è stata scritta in pochi minuti su esplicita richiesta del ministro del Lavoro. Le spiegazioni successive hanno avuto l'unico scopo di mascherare l'imbarazzante verità: l'autonomia del Parlamento dinanzi al governo dei tecnici è ridotta a zero.  C'è un antefatto. E' l'articolo scritto dalla Fornero per la rivista di ItalianiEuropei (la fondazione di Massimo D'Alema), anticipato su Repubblica il 26novembre. Lì, nascosto tra le ultime righe del lungo documento - di fatto la ricetta del ministro per la riforma delle pensioni - c'era un chiaro avvertimento: «In un momento in cui si è costretti a richiedere duri sacrifici alle famiglie con provvedimenti draconiani che colpiscono anche le fasce più deboli, non si può prescindere dall'abolizione delle ingiustificate posizioni di privilegio che perdurano per molte categorie difficilmente annoverabili tra i bisognosi, come i liberi professionisti con le loro casse e i politici con i loro vitalizi». Ma nessuno dei parlamentari darà segno di aver colto il messaggio. Così il ministro ripeterà gli stessi concetti, in modo più esplicito, nel faccia a faccia con Fini. Il colloquio non era previsto: non ve ne è traccia nell'agenda del presidente della Camera, che in programma quel giorno aveva solo l'incontro con il presidente della Commissione Esteri del Parlamento turco, Volkan Bozkir. È stata la Fornero, con un anticipo di poche ore, a chiedere di vedere Fini. Correttamente, si è recata lei in Parlamento. Irritualmente, però, ha dato la precedenza a uno dei due presidenti, per di più quello della Camera bassa (Schifani è la seconda carica dello Stato, Fini la terza). Una mancanza di rispetto delle gerarchie istituzionali che non è passata inosservata. Nel colloquio, la Fornero avverte Fini che il governo sta per varare misure drastiche. «Nei prossimi giorni», gli annuncia, «introdurremo il sistema contributivo per tutti». Lo avverte: è molto probabile che ci siano tensioni con i sindacati e nella società. Morale: «Dovete fare anche voi la vostra parte». Quindi gli passa un foglietto: un promemoria con le linee guida della riforma previdenziale. Chiaro il senso: adeguatevi. Fini non batte ciglio. Alza la cornetta e chiama Schifani. Dopo poco il presidente del Senato è nella biblioteca del presidente della Camera, assieme ai questori di palazzo Madama. Arrivano anche Francesco Colucci, Antonio Mazzocchi e Gabriele Albonetti, i tre questori di Montecitorio (i questori sono i parlamentari che hanno il compito di controllare i bilanci delle Camere). Dopo qualche minuto il ministro si scusa e se ne va, non prima di aver detto che Fini è già stato informato di tutto. Uscita lei, gli altri si guardano perplessi. Qualcuno fa presente a Fini che una simile prassi (il governo che interviene sulle prerogative del potere legislativo) è incostituzionale e che spostare in avanti la data del vitalizio a chi ha già conseguito questo «diritto» scopre il fianco a centinaia di ricorsi. Il presidente della Camera risponde che non ci sono alternative. Vede così la luce il comunicato congiunto diffuso nella sera di martedì: «Il presidente del Senato Renato Schifani e il presidente della Camera Gianfranco Fini si sono incontrati oggi, assieme ai rispettivi collegi dei questori, con il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali professoressa Elsa Fornero ed hanno comunicato al Governo la volontà di procedere entro la fine dell'anno, nell'ambito dell'autonomia costituzionale riconosciuta dalle Camere al nostro ordinamento, ad una radicale modifica della disciplina in tema di assegni vitalizi». È una versione assai edulcorata di come sono andate le cose. Quindi la nota spiega i nuovi criteri: dal primo gennaio 2012 entrerà in vigore pro-rata il sistema di calcolo contributivo e saranno innalzati i limiti di età per ottenere il vitalizio. La riforma viene presentata come l'esito naturale di decisioni già prese da Senato e Camera nei mesi precedenti. Non è così. Per cambiare il regime dei vitalizi era stata creata una commissione presieduta da Giuliano Cazzola, deputato del Pdl e grande esperto di previdenza: i primi ad essere sorpresi della decisione sono stati proprio lui e gli altri della commissione. Si prevedeva di passare al contributivo, ma a partire dalla prossima legislatura. E l'età di accesso al vitalizio, per i parlamentari che possono ottenerlo a 50 anni, sarebbe stata innalzata in modo graduale. Cautele ritenute necessarie anche per evitare che chi è colpito dal giro di vite possa presentare ricorso (con buone possibilità di spuntarla, assicura Mazzocchi, che è pure avvocato). Accorgimenti saltati perché, di questi tempi, in Parlamento nessuno è in grado di dire no al governo dei tecnici. di Fausto Carioti  

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